INTRODUZIONE
In Italia gli studi e le ricerche sulla manualistica e sull’editoria scolastico-educativa hanno avuto un concreto sviluppo solo in tempi recenti. La gran parte di essi, infatti, risale solo all’ultimo ventennio, resi possibili grazie ad una “vera e propria rivoluzione storiografica” nell’ambito degli studi storici-educativi, con il passaggio dalla tradizionale storia della scuola intesa essenzialmente come storia delle teorie e dei modelli istituzionali di scuola, alla storia della scuola intesa come storia della cultura materiale della scuola (SANI, 2020, p. 13).
Con il cambio di paradigma, il libro di testo ha finalmente acquisto dignità di studio, consolidandosi tra le necessarie fonti per comprendere, descrivere e analizzare i processi formativi. (BIANCHINI, 2000). A seguito della rilevanza assunta dalla manualistica scolastica si sono avviate numerose ricerche nel campo dell’editoria scolastico-educativa, approfondita nei suoi molteplici aspetti e caratteri, come dimostrano le rassegne bibliografiche curate da M. Galfré (2001), E. Marazzi (2012) e A. Ascenzi (2013).
Vi è, però, una indubbia carenza di indagini e di ricerche sul versante della storia dell’editoria scolastica nell’Italia meridionale dell’Ottocento preunitario, come ha evidenziato R. Sani (2011) che ha operato un primo accostamento al tema a partire dalle condizioni dell’industria tipografica ed editoriale e del mercato librario nel Mezzogiorno. Sulle peculiari dinamiche evolutive e sui caratteri specifici dell’editoria nel Decennio francese (1806-1815) si è, invece, soffermato V. Trombetta (2011), che ha contribuito a ricostruire la struttura produttiva e il complesso intreccio tra editoria di Stato e impresa privata, lumeggiato anche sul versante dell’istruzione portando avanti il lavoro pioneristico di M. Viola (1998) sulla manualistica scolastica circolante tra il 1806 e il 1825.
Devono, infine, essere segnalate le fondamentali ricerche sugli editori scolastici coordinate da G. Chiosso, confluite nei repertori denominati TESEO. Tipografi e editori scolastici-educativi dell’Ottocento (2004) e TESEO ‘900 (2008), che hanno contribuito a colmare, almeno in parte, la carenza di studi e ricerche sopra richiamata.
Nonostante la letteratura abbia affrontato e ricostruito le vicende editoriale e la produzione manualistica di tipo scolastico-educativo con apporti di sicuro interesse, nel corpus variegato degli studi storico-educativi dedicato al Meridione preunitario non si rilevano tentativi di evidenziare la costruzione del mercato editoriale scolastico a partire dal suo fondamento: la riforma dell’istruzione.
Nel quadro e nelle finalità proprie della nostra ricerca, tesa a offrire un primo sondaggio sui libri di testo adottati e sulle imprese tipografiche attive in tale settore, risulterà quindi prioritario ripercorrere nei suoi tratti salienti il sistema di pubblica istruzione impostato nel Regno di Napoli durante il Decennio e consolidato negli anni della seconda Restaurazione, che ha costituito la condizione storica per lo sviluppo del mercato del libro di testo, permettendo la naturale osmosi tra organismi preposti all’istruzione e le aziende tipografiche.
All’interno di questo contesto, saranno collocate le vicende della evoluzione del mercato tipografico-editoriale, che restituiranno la geografia produttiva dell’editoria scolastica del Regno nel periodo considerato.
Da un punto di vista metodologico, per procedere in questo lavoro di ricerca si è fatto ricorso a fonti indirette - principalemente i repertori di fonti giuridico-amministrative e il già citao repertorio TESEO - a causa dell’irrimediabile perdita dell’archivo del Ministero di Polizia, nelle cui attribuzioni ricadeva il lavoro di stampatori e librai, e dell’irreperibilità dei cataloghi delle botteghe librarie.
LA RIFORMA DELL'ISTRUZIONE
Le origini e gli sviluppi dell'editoria scolastico-educativa nel Regno di Napoli e in quello delle Due Sicilie, nel periodo compreso tra il governo dei Napoleonidi e il restaurato governo borbonico, sono strettamente legati alla nascita del ‘sistema di pubblica istruzione’ che fu definito durante il Decennio francese (1806-1815) e che venne consolidato negli anni della seconda Restaurazione (1815-1820), a partire dal suo fondamento: la riforma del sistema d'istruzione voluto da Napoleone.
La riforma, attuata con l’Université impériale (1806-1808), assicurò alla Francia imperiale un sistema di pubblica istruzione gestito e controllato dallo Stato, amministrativamente centralizzato e verticalizzato, con un ordinamento prospetticamente diviso in tre ordini: primario, secondario e superiore (GONTARD, 1984; BOUDON, 2004). Tale sistema inglobava in sé tutti gli istituti, sia pubblici che privati, sia laici che ecclesiastici, miranti alla formazione professionalizzante ancorata al titolo di studio mediante il meccanismo dei tre gradi accademici, baccalauréat, licence e doctorat1. La riforma dell’istruzione attuata in Francia costituì la pietra miliare per creare il passaggio dal regime feudale a quello dello Stato moderno e rappresentò il modello di riferimento da adattare alla realtà socio-economica nel Regno di Napoli.
La prima fase della modernizzazione delle istituzioni scolastiche nel napoletano si realizzò durante il biennio giuseppino (1806-1808), con la riforma amministrativa dello Stato e l’affidamento dell’istruzione al neonato ministero degli Interni, che consentì la costituzione di un ordinamento scolastico distinto, amministrativamente e culturalmente, su tre livelli: l’istruzione primaria, gravante sulle casse dei comuni; l’istruzione secondaria, impartita nei collegi finanziariamente autonomi e l’istruzione superiore, posta a carico dello stato2.
Con l’obbligo imposto ad ogni comune di fondare una scuola primaria (1806) si «superava la vecchia e perdente logica secondo cui l’istruzione primaria andava posta a carico dei monasteri» e si avviava, di conseguenza, il processo di alfabetizzazione e di laicizzazione della formazione (LUPO, 20O5, p. 63). La istituzione dei collegi in ogni Provincia del Regno, con la definizione delle relative materie curricolari (1807), era finalizzata ad impartire gli elementi culturali di base ai quadri della futura classe dirigente. L’assetto dell’università, in quanto da sempre pubblica nel Regno di Napoli, non subì grosse variazioni: alla istituzione accademica venne affidata, in modo precipuo, la cura della formazione professionale degli allievi, prima ancora dell’attività di ricerca (1806)3.
In materia di pubblica istruzione il governo di Giuseppe Bonaparte non poté procedere oltre: il nuovo sistema di pubblica istruzione francese fu varato con i decreti applicativi nel 1808, anno stesso della sua partenza per Madrid, lasciando tuttavia in eredità al suo successore Gioacchino Murat una riforma dello stato e una impostazione dell’ordinamento scolastico che costituivano il necessario presupposto per poter applicare anche nel Napoletano il modello dell’Univerité impériale.
Per favorire il necessario adeguamento al modello francese, a seguito dei decreti del 1808, negli stati satelliti dell’Impero francese vennero istituite, a partire dal 1809, le Commissioni di pubblica istruzione incaricate di formulare i decreti applicativi della riforma: Giuseppe Bonaparte la istituì in Spagna, Luigi Bonaparte nel Regno d’Olanda, Gioacchino Murat in quello di Napoli e provvedimenti analoghi comparvero anche nel Ducato di Varsavia (BOUTON, 2004).
È noto il complesso iter che portò alla firma, nel 1811, del Decreto organico per la pubblica istruzione4 del Regno di Napoli - risultato del compromesso tra l’impostazione espressa da Vincenzo Cuoco e le posizioni rivendicate dal ministro degli Interni Giuseppe Zurlo (ZAZO, 1924) - attraverso cui si stabiliva, in modo esplicito ed inequivocabile, di collocare l’istruzione pubblica «sotto il controllo e la vigilanza del governo»; essa doveva essere impartita nell’Università di Napoli, nei licei e negli «altri stabilimenti d’istruzione» (art. 2). Finalmente, il Decreto Organico, nell’elencare la serie di provvedimenti, anteponeva un concetto chiaro e categorico non assoggettabile ideologicamente, né eludibile nella sostanza, che si pose come uno spartiacque tra la scuola pubblica dello stato del XIX secolo e la scuola aperta al pubblico - ma gestita da ordini e congregazioni religiose, diocesi o privati cittadini - dei secoli precedenti.
Nell’ambito di questa fondazione dell’istruzione pubblica, il Decreto Organico introduceva espressamente due gradi di scuole secondarie e prevedeva di impartire il primo grado delle scuole secondarie: «1. in quei collegi reali quali non saranno convertiti in licei; 2. nei simili stabilimenti che si faranno dai comuni o dai particolari». Il vincolo assegnato era quello di prevedere «almeno quattro professori, cioè due di grammatica, uno di retorica, ed uno di filosofia e matematiche» (Titolo III, Collegi, art. 13). In questo grado includeva anche i seminari, sia pur dipendenti dall’autorità diocesana (ibidem, art. 14). Il secondo grado era costituito dal Liceo, articolato in quattro diversi indirizzi universitari: letterario, matematico, medico, giuridico (Titolo IV, Licei, art. 18), lasciando comuni ai quattro indirizzi le materie impartite nei collegi: Grammatica, Umanità, Retorica, Filosofia, Matematica e Fisica, idonee a fornire agli studenti gli elementi culturali della formazione (ibidem, art. 16).
L’ultimo e fondamentale provvedimento, chiave di volta del sistema napoleonico, revocava tutti i privilegi di conferire i gradi, concessi agli antichi Collegi dei Dottori e istituiva i tre gradi accademici - approvazione, licenza e laurea5 - affidandoli esclusivamente all’Università (Titolo VI, Gradi delle facoltà).
Avocati la gestione, il controllo e la vigilanza dell’istruzione allo Stato; creato il settore primario e secondario; riorganizzato quello universitario, cui si assegnava il controllo dei gradi accademici per il conseguimento del titolo di studio, il sistema venne coronato, sulle tracce del regolamento francese, dal Regolamento per la collocazione de’ gradi delle facoltà6, fondamentale atto che permetteva di correlare il titolo di studio alle carriere e alle professioni, ponendo fine all’epoca delle corporazioni d’arte e dei collegi delle professioni.
La restaurazione dei Borboni, alla fine del 1815, rappresentò, nonostante tutto, un momento di continuità rispetto alle questioni fin qui trattate: riconfermata l’impostazione del sistema della pubblica istruzione istituito nel Decennio, con gli Statuti pei reali licei, collegj e scuole secondarie (1816) si provvide al definitivo e dettagliato assetto del settore secondario7. Unica novità di rilievo riguardò l'istituzione di un corpo ispettivo. Aboliti i Giury di Revisione e i Giury d’esame, venne creato un corpo ispettivo costituito, a livello centrale, da dodici funzionari, gli Ispettori della Pubblica Istruzione, «destinati per vegliare alla esecuzione degli statuti e regolamenti de’ reali Licei e Collegi, delle Scuole Secondarie del Regno, come pure per attendere alla disciplina, agli insegnamenti de’ pensionati e delle scuole private»8. A livello periferico, vennero nominati ispettori di distretto e di circondario per il controllo e la vigilanza delle scuole primarie, e si attribuirono agli intendenti, coadiuvati dai sottintendenti, le funzioni di promozione, gestione e controllo della Pubblica Istruzione sul territorio. In tal modo venne costituito un canale amministrativo diretto tra centro e periferia, mediante l’utilizzo di funzionari pubblici, ruotante intorno all’intendente quale rappresentante dello Stato.
I LIBRI DI TESTO PER LE SCUOLE DEL REGNO
All’interno di questi mutamenti i Napoleonidi vollero perseguire prioritariamente l’obiettivo di normalizzare e omogeneizzare nelle scuole primarie e secondarie la formazione culturale e scientifica della gioventù. I libri di testo9 furono considerati lo strumento principale di modernizzazione didattica, per uniformare metodi e contenuti dell’insegnamento e, di conseguenza, la loro scelta fu fatta rientrare nelle competenze dello Stato: «Ad ottener l’uniformità nell’istruzione giova più che ogni altra istituzione, la cura di non permettere nelle scuole libri elementari, se non sono stati approvati dalla pubblica autorità» avrebbe ricordato Vincenzo Cuoco nel rapporto e nel progetto di legge presentati nel 181110.
Durante il biennio giuseppino (1806-1808) l’esigenza di adottare gli stessi testi in tutte le scuole del Regno si tradusse «in saltuarie commesse governative a editori e stampatori, prive di una organica programmazione» (TROMBETTA, 2011). Solo con la riforma organica avviata nel 1811, il governo murattiano poté approntare un programma editoriale di più vasta portata per garantire l’omogeneità dell’insegnamento, che si sostanziò in un organico piano di pubblicazioni di testi scolastici: le ‘collezioni economiche’, da destinare a tutti gli scolari del Regno, basate su curatele scientifiche e prezzi modesti.
Nel 1811 il ministro Giuseppe Zurlo delegò Joseph Bonnefond - già ‘visitatore generale de’ Reali Collegi ed altri stabilimenti di pubblica istruzione’ - a istituire una commissione per la scelta dei libri di testo da adottare nelle scuole del Regno. Bonnefond si avvalse inizialmente della collaborazione del Giury di Revisione di Napoli, e dei Giury d’Esame delle provincie del Regno, allargando poi la cerchia ad affermati docenti universitari e rinomati teologi (PALLADINO, 2015).
Nella seduta del Giury di Revisione del 30 gennaio 1812, al termine di quasi due anni di lavoro, vennero finalmente ratificate le scelte effettuate:
Fra’ Greci: la Silloge contenenti i pezzi scelti de’ Classici Greci Prosatori, e Poeti. Omero. Fra’ Latini: Cicerone Lettere scelte, Dialoghi de amicizia, de senectude, de legibus, i libri de Officis, e le orazioni scelte; Cornelio Nepote; Cesare Commentarj Sallustio, Livio e Tacito: narrazioni e concioni scelte: Fedro; Catullo, Tibullo, Properzio purgati; Ovidio metamorfosi scelte; Virgilio, ecloghe, georgiche, Eneide episodj, ed altri pezzi scelti; Terenzio, e Plauto pezzi scelti; Orazio Satire, lettere, odi, ed arte poetica. E pe’ trattati elementari: Il Catechismo all’uso della Chiesa di Francia ristampato in Napoli per intero; Le Grammatiche Greca, e Latina, e la Logica di Portoreale; Quintiliano, ed altri istitutori di belle lettere; La geometria piana e solida di Euclide; I teoremi di Archimedi, e la matematica analitica del Francoeur Confidandosi poi l’intero Giury a’ lumi de’ membri di ciascuna delle tre sezioni hanno rimesse a ciascuna di esse la scelta de’ migliori elementi di Mitologia e Cronologia; di Geografia antica, e moderna; di Storia Greca, e Romana; di antichità greche: di Metafisica; di Diritto di natura; di Fisica; come anche delle Grammatiche, sì Italiane, che Francesi; de’ Dizionari latini, greci e francesi […]. Ha inviato pure la sezione delle belle lettere a scegliere i più bei bezzi de’ classici italiani, e francesi, notando particolarmente per questi ultimi il discorso della Storia Universale di Bousset, il piccolo quaresimale di Massillon, il Telemaco, e le opere di Boilleau, il Moliere, e di Racine. Ha desiderato pure, che oltre il catechismo dell’Impero Francese entrassero nelle collezioni economiche le parti le più interessanti del Catechismo di Fleury, il Trattato su’ costumi degli Israeliti dello stesso autore, e la Bibbia di Royaumont. Vedendo con dispiacere il Giury che non possono entrare nelle collezioni economiche certi autori classici latini, le cui opere non sono perfette come quelle degli autori sopraindicati, ha espresso per tutte volte la sua brama, acciocché almeno, per dare a’ giovanetti un’idea più compiuta della storia antica, si faccia entrare sulle surriferite collezioni quello che la sezione delle belle lettere giudicherà più proprio all’oggetto tanto di Giustino, che di Quintino Curzio (trascritto in TROMBETTA, 2011, p. 217).
Ulteriori e più dettagliate indicazioni, furono fornite da Matteo Galdi, Direttore della Commissione di Pubblica Istruzione, nel suo Rapporto sullo Stato attuale dell’Istruzione pubblica nel Regno di Napoli pubblicato nel 1814.
Per quanto riguardava le istituzioni collegiali, il rapporto indicava i classici greci da introdurre e utilizzare nelle scuole: Omero, Demostene, Pindaro, Senofonte, i dialoghi di Luciano e gli ex-cerpta di lirici e tragici. Per la Retorica e la Poetica, erano previsti il Corso di Belle lettere di Hugh Blair, tradotto dal Soave, oltre alle Opere di Cicerone e alle Istituzioni di Quintiliano per la parte retorica e i testi di Aristotele e di Orazio per la Poetica. Per la Geografia moderna i testi in circolazione nei collegi erano rappresentati dalle Istituzioni di Geografia Fisica e Politica di Luigi Galanti e per l’antica alla Geographie ancienne di Jean Baptist Bourguignon d’Anville. Per la Storia greca e romana erano state introdotte le opere di Livio, Tacito, Dionigi, Senofonte, Tuicidide e Plutarco. Per le Matematiche, si rimandava alla Geometria elementare, al Trattato di Geodesia del Flauti e ai testi di Felice Giannattasio, mente veniva annunciata la compilazione di un manuale di Fisica, a cura di Gabriele Grimaldi.
Per quanto riguardava le istituzioni liceali, il Rapporto prescriveva i testi da introdurre articolandoli secondo le diverse facoltà. Così, per le cattedre di Procedura civile e criminale erano indicate le Istituzioni di Giustiniano, le Antichità romane di Johanne Heinecke e i lavori di Giovan Vincenzo Gravina. Per la cattedra di Medicina il Galdi intendeva spronare i docenti della Regia Università di Napoli a fornire testi che presentassero un «corpo di dottrina», utile per colmare una grave lacuna a suo dire europea.
Per le scuole primarie, il Rapporto di Galdi precisava le caratteristiche che dovevano assumere le collezioni economiche. La collezione era composta da tre volumetti: il primo contenente gli elementi per imparare a leggere e scrivere, con acclusi brevi appunti di morale e di storia, utili anche per approntare gli esercizi di scrittura e letture; il secondo contenente il Catechismo di morale e di religione adottato dal governo, finalizzato ad educare «il buon cittadino, il buon padre di famiglia, il buon suddito»; infine, il terzo volume dedicato agli elementi base di aritmetica teorica e pratica. Oltre ai tre volumetti della collezione economica, si prescriveva il Galateo di Monsignor della Casa, in edizione ridotta. Per la classe seconda, il Galdi annunciava la pubblicazione, di lì a poco, di una sintetica grammatica italiana e di una corrispondente grammatica latina arricchita di passi scelti di autori latini del «miglior secolo», con traduzione italiana a fronte. La scelta veniva giustificata con la necessità di approntare strumenti per consentire a coloro che intendevano continuare gli studi, di ricevere gli elementi di base. A completamento del corso primario, si prevedeva la stampa di una succinta Descrizione storica e geografica del Regno, e un conciso Catechismo di arti e di agricoltura, necessari alla «più numerosa classe del popolo» per «avere più esatta cura de’ propri interessi, che per conoscere ed eseguire i propri doveri». La pubblicazione delle opere per i collegi, i licei e le scuole secondarie, attraverso le collezioni economiche, appariva, comunque, piuttosto complessa: fatte salve alcune ottime edizioni già circolanti di classici latini, il resto dei testi scelti dalla commissione avrebbe richiesto tempi più lunghi, necessari per ultimare gli apparati critici degli autori classici e fornire collane all’altezza delle migliori edizioni europee: «noi non saremo così lenti - chiosava Galdi - ma non così rapidi da voler sacrificare il nazionale decoro all’impazienza, lodevole bensì, ma poco letteraria di chi vorrebbe tutto compiuto all’istante».
Le vicende politiche non permisero di portare a termine il lavoro avviato, ma la prospettiva di assicurare una produzione sul modello delle collezioni economiche non si esaurì con la fine del regime francese: mutata la dizione in ‘libri didascalici’, l’intero progetto venne ripreso, riproposto e completato dai Borboni, rendendolo organico con l’assetto dell’ordinamento secondario definito con gli Statuti pei reali licei, collegj e scuole secondarie11 (1816). L’ordinamento era articolato in cattedre. Le prime sei cattedre del piano di studi fornivano gli elementi culturali della formazione, imperniata sulla tradizione umanistica strutturata nei tre corsi progressivi di Grammatica, Umanità e Retorica. Solo dopo questo apprendistato letterario, seguivano i più ‘astratti’ contenuti della settima e ottava cattedra: Filosofia, Matematica e Fisica, con le quali si chiudeva il corso collegiale. Le successive 8 cattedre raggruppavano più propriamente gli insegnamenti liceali di grado universitario e professionalizzanti, forniti dal corso di studi giuridico, medico o scientifico; mentre il quarto indirizzo, quello letterario, già abbondantemente assorbito nella formazione generale, non necessitava di una ulteriore cattedra tra quelle universitarie.
In questa cornice si provvide a indicare autori e testi da adottare nei collegi e licei del Regno (tabella 1):
Cattedre | Materie | Autori e libri di testo |
---|---|---|
1° | Catechismo di religione e di morale Grammatica italiana Aritmetica pratica | Catechismo stampato ad uso delle scuole primarie Soave, Grammatica Aritmetica pratica ad uso delle scuole primarie |
2° | Applicazione delle regole grammaticali della lingua italiana a’ classici, con analisi grammaticale Storia sacra Geografia | Boccaccio, Casa, Firenzuola Storia sacra ad uso della pubblica istruzione Luigi Galanti, Geografia |
3° | Grammatica Latina Esercizio di correttamente scrivere in lingua italiana Storia profana Mitologia | Portoreale, Compendio [nessuna indicazione, in quanto è una esercitazione] Storia profana [senza altra indicazione] Tomeo, Mitologia |
4° | Applicazione delle regole grammaticali della lingua latina a’ classici con analisi grammaticale | Portoreale, Grammatica latina; Classici: Fedro; Nipote; Cicerone, Epistole; Cesare, Commentari; Virgilio, Egloghe e Georgiche |
5° | Umanità colla spiegazione de’ classici prosatori e poeti che hanno maggiormente elevazione nello stile e ne’ sentimenti, rilevandosi le grazie e la precisione per le quali si distinguono Grammatica della lingua greca Antichità romane Antichità greche | Portoreale, Grammatica latina; Classici: Cicerone, Uffizii e Orazioni; Virgilio, Eneide Portoreale, Grammatica di lingua greca; Nuovo Testamento; Silloge Salvatore Aula, [Antiquatum romanarum epitome] Oliver Goldsmith, [Compendio della storia greca] |
6° | Retorica Poesia italiana e latina Applicazione delle regole grammaticali a’ classici greci, con analisi grammaticali | Majelli, Istituzioni oratorie; classici: Sallustio, Livio, Tacito Orazio Classici: Isocrate, Omero, Demostene |
7° | Filosofia Diritto di natura Verità della religione cattolica Matematica sintetica | Soave, Istituzioni Eineccio, Elementi del diritto di natura e delle genti «[il professore] darà un trattato sulla verità della religione cattolica» Flauti e Giannattasio |
8° | Matematica analitica Fisica matematica | Bossut; Fergola, Sezioni coniche analitiche; «[il professore] correderà le sue lezioni con Lagrange, Eulero, Monge ed Hachette, e con Biot; per la Meccanica, Fergola» |
9° | Chimica Farmacia «eseguendosene le dimostrazioni nel laboratorio di chimica» | Sementini, Instituzioni; «[il professore] correderà le sue lezioni con Mojon; Adet, Brugnatelli; Thompson; Berthollet e Movillon-Lagrange» |
10° | Storia naturale | «Millini; [il professore] correderà le sue lezioni per la zoologia con Buffon e supplemento di Lacepede, con Dumeril e Cuvier, e quelle di mineralogia con Brougnart, Hauy, Vernier, Breislak, Melograni» |
11° | Diritto del regno Procedura civile | «Leggi civili del Regno in vigore» |
12° | Diritto Procedura criminale | «Leggi criminali del Regno in vigore» |
13° | Notomia Fisiologia «eseguendosi le sezioni anatomiche nel teatro a ciò destinato» | Francesco Cerio Grimaldi, Elementi di anatomia; «[il professore] correderà le sue lezioni con Goemmering, Bichat, Boyer, avendo presente le scoverte di Gall sopra le strutture del cervello» |
14° | Chirurgia teorica Chirurgia pratica Ostetricia «eseguendone la parte clinica nell’ospedale» | Richter, Istituzioni; «[il professore] correderà le sue lezioni con Monteggia, Richerand» |
15° | Antepratica di medicina | «Instituzioni che formerà nell’antepatrica di Andria e su quella di Miglietti» |
16° | Medicina pratica | Andria, Instituzioni di medicina pratica; «[il professore] correderà le sue lezioni con Odier, Burserio, Cirillo, Daruwin e Pinel» |
Fonte: Statuti pei reali licei, collegi e scuole secondarie (1816). Elaborazione nostra.
Come si evince da una comparazione tra gli autori e i testi proposti nel Decennio e quelli proposti dal restaurato governo borbonico, autori e testi restarono pressoché i medesimi, segno che l’impianto culturale della riforma scolastica avviata dai francesi possedeva una fondata valenza pedagogica, non eludibile nella sostanza, modellata sulla tradizione umanistica impostata dai Gesuiti (PALLADINO, 2015).
L’EDITORIA SCOLASTICO-EDUCATIVA
È all’interno di questo più ampio contesto di cambiamenti del quadro istituzionale relativo alla istruzione che si collocano anche le vicende della evoluzione del mercato tipografico editoriale. La struttura editoriale ereditata dai Napoleonidi si presentava sorprendentemente solida e al contempo flessibile. Come ha rilevato Trombetta (2011), le aziende tipografiche, sviluppatesi e consolidatesi nel contesto della cultura settecentesca profondamente innervata da istanze riformiste, all’indomani della caduta della Repubblica Partenopea, avevano dimostrato un’insospettabile capacità di adattamento al ripristinato scenario politico12. La Riforma del sistema d’istruzione permise la naturale osmosi tra organismi preposti all’istruzione e le aziende tipografiche, con la creazione di un più ampio mercato dell’editoria scolastica, in parte occupato dall’editoria di Stato e in parte da editori e tipografi privati che seppero approfittare dell’occasione che si venne a creare con la maggiore apertura del mercato.
Il nevralgico settore dell’editoria scolastica di Stato era rappresentato dalla Stamperia Reale. Istituita da Carlo di Borbone per la produzione di documenti di natura burocratica e per la celebrazione di eventi di corte, la Stamperia, rammodernata, avrebbe dovuto costituire negli intenti del governo francese il polo statale dell'editoria culturale, destinata ai bisogni delle riformate istituzioni culturali: scuole, conservatori, biblioteche, musei e accademie. In realtà, la Stamperia Reale patì la concorrenza del settore privato, spesso e volentieri favorita dallo stesso governo, con concessioni di privative che toglievano risorse fondamentali all’attività dello stabilimento pubblico, come denunciava il direttore Francesco Daniele nel 1809:
Tutte le stampe del Governo si fanno da Stampatori privati con un pagamento immenso, che se si facessero qui, il Re non solo spenderebbe nulla per lo mantenimento di questo stabilimento, ma avrebbe un fondo ricchissimo [e] per quanto abbia io scritto, rappresentato, gridato, ostinatamente si è voluto sostenere privati Stampatori in pregiudizio della R. Stamperia (trascritto in TROMBETTA, 2011, p. 158).
Nel 1810, i rilievi del Danieli vennero finalmente accolti dal governo, e in particolare da Giuseppe Zurlo, da poco nominato ministro dell’Interno, il quale con lungimiranza cercò di trasformare la Stamperia in uno stabilimento addetto al servizio comune, ritenendo che tale svolta potesse costituire un beneficio anche per il progresso dell’editoria privata:
I nostri privati Stampatori abbandonato quel traffico che han fatto finora col Governo, sceglieranno la via migliore, quella cioè di procacciarsi la fama; e guadagno in due maniere. La prima con accattivarsi l’animo degli autori viventi, come faceva non ha guari tra noi l’ottimo stampatore Paolo de Simone, la cui officina era una vera Accademia e colle facilitazioni che accordava a’ Letterari, fece uscire da’ suoi torchi tante belle opere, che forse i letterati medesimi avrebbero lasciate manoscritte. La seconda con riprodurre tante opere classiche, della quale mancano le copie, o conviene procurarsi a gravissime spese, non ostante che dovrebbero andare tralle mani di tutti. Prova evidente che l’attuale sistema nuoce all’arte tipografica, è quella che niuno de’ nostri stampatori si fiderebbe di stampare un libro greco, e forse ancora non si fiderebbe di riprodurre corretto un classico latino, o toscano. Son essi dunque fuori di cammino, e se il Governo continuasse a favorire le loro speculazioni contro se stesso, lo sarebbero irreparabilmente e per sempre (trascritto in TROMBETTA, 2011, p. 169).
Nel piano di Zurlo, la Stamperia Reale doveva costituire il polo dell’editoriale scolastico-educativo, con la pubblicazione innanzitutto dei libri di testo ad uso delle scuole del regno; il progetto, però, si scontrava con i forti interessi privati, incentivati da sicure vendite e facili guadagni, concretizzati intorno alla Stamperia della Pubblica Istruzione.
La Stamperia della Pubblica Istruzione fu fondata nel 1812 con capitali privati raccolti in società per fiancheggiare l’opera della Direzione generale della Pubblica Istruzione con l’intento di fornire a tutti gli allievi delle scuole primarie e dei collegi del regno i testi necessari allo svolgimento dei corsi. A un tale programma si oppose il ministro Zurlo, che, nell’intento di rilanciare la pubblica Stamperia reale, ottenne nel 1814 - ormai al termine dell’esperienza francese - la chiusura della Stamperia della Pubblica Istruzione. Sebbene ebbe vita breve, nei due anni in cui fu attiva la Stamperia pubblicò numerosi titoli per la scuola primaria e secondaria, nonché titoli specificamente rivolti al comparto superiore dei Licei da poco fondati.
La presenza privata nel comparto dell’editoria scolastica, che risentì durante il Decennio «di incertezze e di incongruenze dettate da un’ambigua sovrapposizione di competenze tra soggetto pubblico e imprenditoria privata» (TROMBETTA 2011, p. 140), si rafforzò notevolmente negli anni di governo Borbonico, sino a raggiungere l’apice negli anni Trenta, con una politica editoriale incentrata all’assistenza economica riservata ad editori e tipografi.
Nel periodo compreso tra il 1806 e il 1820 sono stati censiti 32 tipografi ed editori specializzati nell’ambito scolastico-educativo, operanti nel Regno di Napoli (1806-1815), nel Regno di Sicilia (1806-1815) e nel Regno delle Due Sicilie (1816-1820), con una geografia produttiva disomogenea tra i diversi territori (Tabella 2).
Regioni | Numero di Editori/Tipografi |
---|---|
Abruzzo | 2 |
Campania | 11 |
Calabria | 1 |
Puglia | 1 |
Sicilia | 17 |
Fonte: CHIOSSO (2004) e TROMBETTA (2011). Elaborazione nostra
I dati dimostrano come l’attività editoriale rimase relegata alle capitali dei regni e fu quasi del tutto assente nelle provincie, le quali erano prive di un tessuto produttivo ma non di un mercato scolastico.
Delle 32 aziende censite, 14 furono fondate prima del 1806, 10 tra il 1806 e il 1815, e le restanti 8 tra il 1816-1820 (Tabella 3).
Regione | Tipografia/Editrice/Libreria | Periodo di attività |
---|---|---|
Abruzzo | Grossi Gian Francesco, tipografia | 1772 - 1901 |
Rietelli Nicola (anche Tipografia Rietelliana), tipografia | 1814-1841 | |
Calabria | Migliaccio Giuseppe, tipografia | Cosenza, 1807-1888 |
Campania | Borel e Bompard, tipografia, libreria | Napoli, inizio ’800-metà ’800? |
Chianese Domenico, tipografia | Napoli, 1774?-1837? | |
Di Napoli Raffaele, tipografia | Napoli, 1810/1820-ante 1884 | |
Giordano Saverio, tipografia, libreria | Napoli, 1810/1817-ante 1884 | |
Nobile Gaetano, tipografia | Napoli, 1801/1804-post 1915 | |
Orsini Vincenzo | Napoli, seconda metà ‘700-? | |
Porcelli Nicola, tipografia | Napoli, 1791-1859 | |
Puzziello Vincenzo, tipografia | Napoli, 1820/1830-ante 1861? | |
Reale Gennaro, tipografia | Napoli, 1806?-1850? | |
Trani Angelo, tipografia, editrice | Napoli, 1808-? | |
Sangiacomo Domenico, tipografia, editrice | Napoli, 1801?-ante 1884 | |
Puglia | Cannone Nicola e figli, tipografia | Polignano a Mare, Trani, Bari, 1795/1799-1901 |
Sicilia | Abbate Francesco, tipografia | Palermo, 1812?-1839? |
Barcellona Salvatore, tipografia | Palermo, 1790-1895? | |
Barravecchia, tipografia | Palermo, 1804?-1906/1911 | |
D’Amico Arena, Antonino, tipografia | Messina, 1812-1862 | |
Dato Lorenzo, tipografia, libreria | Palermo, 1816?/1818-1859? | |
Fiumara, tipografia | Messina, 1799-1854 | |
Gaipa Francesco, tipografia | Palermo, 1735-1916 | |
Gaudiano Michele e Gagliano Vincenzo, stampatori, librai | Palermo, 1818-1898 | |
Lorsnaider Giambattista, tipografia | Palermo, 1820/1824-1898/1899? | |
Muratori Antonio e Pedone Giovanni, tipografi, librai | Palermo, 1819-1849? | |
Nobolo Giovanni e Giuseppe, tipografi, editori, librai | Messina, 1784-1879? | |
Pappalardo Giuseppe, tipografia | Messina, 1817-1885 | |
Pastore Francesco, tipografia | Catania, 1781- 1915? | |
Pedone Lauriel Giovanni, editore, libraio | Palermo, 1819?-1888 | |
Priulla Gaetano, tipografia | Palermo, 1815?/1859-continua | |
Solli Filippo, tipografo, libraio | Palermo, 1786-1897? | |
Virzì Bernardo, tipografia | Palermo, 1809?-1915? |
Fonte: CHIOSSO (2004) e TROMBETTA (2011). Elaborazione nostra
Relativamente all’area continentale, la rilevazione restituisce la fisionomia di un mestiere già rilevata dagli studi di Trombetta, che conserva tratti dell’antico regime tipografico, come il carattere familiare dell’impresa e la figura, ancora indistinta, dello stampatore, ora editore e, talvolta, pure librario: «La duplicità dei ruoli riassunti nel numero dei soggetti censiti… delinea, altresì, una nuova categoria di imprenditori…che, cogliendo la favorevole temperie politica e culturale si affianca alle note prosapie di stampatori settecenteschi tuttora presenti… sovvertendo consolidate gerarchie e conquistando, in tempi assai rapidi, un ruolo di eccellenza nel panorama editoriale» (TROMBETTA, 2011, p. 55). Tra di essi, una posizione di rilievo fu occupata da Angelo Trani, che avviò l’attività tipografica nel 1808 e, nel giro di pochi anni, riuscì a conquistare un’ampia parte del mercato editoriale, con una produzione versatile in grado di corrispondere alle più disparate esigenze. Relativamente al settore scolastico, meritano di essere ricordate la pubblicazione de Le Regole di buon costume tratte da Monsignor della Casa (1808), riedite nel 1811 con un diverso titolo, e le Novelle morali ad uso della Gioventù di padre Francesco Soave (1811) e il Catechismo grammaticale ossia principj della grammatica italiana per uso de’ giovanetti che imparano a leggere e scrivere (1810); ma anche l’esperienza della ‘Biblioteca d’istruzione’. Lavori prodotti e circolati prima che il governo francese affidasse all’azienda gli impegni per la pubblicazione delle prime edizioni delle ‘collezioni economiche’, commesse che gli consentirono di primeggiare tra gli imprenditori del settore, grazie alle ampie tirature. Nel catalogo di Angelo Trani sono presenti libri di testo per le scuole primarie e secondarie, con una manualistica che spaziava dalle grammatiche ai classici, dai manuali giuridici ai manuali tecnico-scentifici. Tra di essi spiccavano, certamente, il Catechismo di religione e di doveri sociali ad uso delle scuole e i classici latini13.
Di eguale importanza ma di diverso spessore fu l’attività della tipografia editrice Gaetano Nobile (SIRIGNANO, 2004), fondata nei primissimi anni dell’Ottocento. Gaetano Nobile era un appassionato cultore dell’arte della stampa, tanto da curare in maniera esemplare le edizioni grazie a macchinari all’avanguardia per il tempo. Si distinse anche per aver contribuito in modo significativo alla diffusione dei libri illustrati. Nell’intensa e variegata produzione della Tipografia Nobile, non mancarono i testi scolastici, con un catalogo tra i più ricchi del periodo, con opere destinate all’istruzione primaria, secondaria e universitaria. Nell’intensa produzione della tipografia napoletana, lo spazio riservato alle edizioni scolastiche e all’istruzione popolare si registrò sin dalle origini con pubblicazioni come il Compendio di igiene, ovvero precetti generali per conservare la santità e prolungare la vita utile a tutte le classi di persone, di Audin Rouvière (1804); la grammatica Arte di scrivere per uso de’ giovanetti di Vincenzo De Muro (1805); numerose pubblicazioni di matematica per le scuole di ogni ordine e grado come, ad esempio, Elementi di geometria piana di A. Di Ciò (1811); le Istituzioni di aritmetica pratica, ossia nuova contabilità del sistema decimale francese di L. Gessari (1812); ma pure scritti di storia e di geografia come, ad esempio, Pensieri sulla storia e sulla incertezza ed inutilità della medesima di Melchiorre Delfico (1814) e l’Introduzione alla geografia di S. Della Piaggina (1817).
Tra le imprese che acquisirono una posizione di rilievo nel panorama editoriale napoletano va pure menzionata l’azienda tipografica di Sangiacomo (SIRIGNANO, 2004), che attesta una vocazione non provinciale dell’attività editoriale, occupando il redditizio settore della traduzione di opere straniere, soprattutto di area francese. Avviata tra il 1800 e il 1801, si distinse per la stampa di materiale didattico destinato al settore secondario e universitario, annoverando nel catalogo oltre un centinaio di opere di filosofia, letteratura e medicina. Le pubblicazioni per l’educazione furono, nel complesso, un genere minoritario per lo più circoscritto ai primi anni di esperienza. Spiccavano, per l’importanza degli autori, la Logica per i giovanetti di Antonio Genovesi e un’edizione in francese del Télémaque del Fénelon (1802). Le principali discipline interessate furono l’aritmetica, per la quale editò Elementi di aritmetica pe’ giovanetti e Le principali operazioni dell’aritmetica per le fanciulle di Vito Buonsanto, (1810), accanto a testi espressione del vitale mondo delle scuole private, come Gli elementi di geometria piana composti da Vito Caravelli. Ma editò anche altri lavori del padre domenicano Buonsanto che proprio durante gli anni del decennio francese prestò un maggiore e diretto impegno sul versante educativo, attraverso iniziative rivolte soprattutto alla istruzione primaria, grazie anche alla massima considerazione del governo. Tra essi quella Etica iconologia per formare il cuore de’ giovanetti, (1808) considerata l’opera più rappresentativa del pensiero pedagogico del Buonsanto e che avrebbe trovato circolazione e diffusione per molti decenni (BARAUSSE, 2014).
Tra gli stampatori settecenteschi che riuscirono a cogliere l’occasione politica e culturale offerta dal Decennio, spicca Vincenzo Orsini (SIRIGNANO, 2004) che seppe rammodernare la sua attività con ingenti investimenti tali da consentirgli di raggiungere una posizione leader nel campo editoriale, non tralasciando di attraversare il mercato del libro di testo con la pubblicazione di opere per la scuola primaria e secondaria, di natura umanistica e scientifica. Ma tra gli editori e tipografi che aprirono i battenti all’indomani dell’ascesa francese, Gennaro Reale fu di certo il più importante, affermandosi con un robusto e diversificato catalogo scolastico che attesta un’attività spesso caratterizzata da un impegno editoriale più che tipografico. Come è stato documentato, i titoli destinati ad arricchire il catalogo ‘scolastico’ furono numerosi toccando gli ambiti disciplinari della geografia, della grammatica, del latino, della matematica, della storia, e della storia sacra14. Tra di essi spiccano il Compendio del nuovo metodo per apprendere la lingua latina di Claude Lancelot (1806), la Grammatica ragionata della lingua italiana di Soave (1807), i testi di geografia come gli Elementi di cosmografia, cronologia, storia e geografia antica e moderna di Giovanni Perrotti (1812) e il Compendio di geografia moderna ad uso della gioventù di Giuseppe Stefano Reitmeir (1816); i testi di matematica, tra i quali ricordiamo gli Elementi di matematica di Lodovico Marrano (1808) e l’Aritmetica di Giuseppe Rosati (1808).
Le cinque aziende fin qui menzionate rappresentano il fiore all’occhiello dell’editoria napoletana, annoverate tra le sette aziende che produssero, nell’insieme, il quaranta per cento del totale dei libri stampati durante il Decennio: un successo garantito da una gestione imprenditoriale della filiera produttiva. Tra le imprese di più modeste dimensioni, ma sicuramente tra le più attive nel campo dell’editoria scolastica, ci fu la Tipografia Di Napoli (SEPE, 2004), fondata nel 1810, la quale si distinse per l’impegno in prevalenza proprio verso il settore scolastico, principalmente secondario e universitario, con la pubblicazione di manuali, alcuni dei quali tradotti dal francese, e classici della letteratura italiana e straniera, accanto a scritti religiosi e devozionali. Le restanti tipografie, censite per l’aria continentale (Tabella 3), si caratterizzarono per una conduzione di tipo familiare e una produzione eclettica limitata all’ambito locale, disposte a stampare, per sopravvivere, opere di facile consumo, incluso qualche testo di uso scolastico. Faceva eccezione, per dimensioni, la tipografia di Domenico Chianese (SIRIGNANO, 2004), fondata nel 1774, ma il cui apporto in campo educativo, tra il 1806 e il 1820, fu alquanto modesto. Tra le varie esperienze, infine, merita di essere segnalata l’impresa di Baldassarre Borel (SEPE, 2004) la cui importanza, per il periodo considerato, non va ricercata tanto nell’attività editoriale e tipografica, che in campo scolastico si sviluppò solo a partire dagli anni Trenta, ma per quella di libraio: potendo contare su circa 160 corrispondenti da Parigi e in affare con tipografi e librai milanesi, Borel rappresentò il punto di riferimento per gli istituti scolastici dell’area continentale.
Tra le imprese tipografico-editoriali più coinvolte nella produzione dei libri didascalici, a seguito dei nuovi provvedimenti introdotti nel 1816, uno spazio significativo fu occupato anche dal tipografo libraio Gabriele Porcelli, il quale diede alle stampe diverse edizioni della manualistica per le scuole primari, tra cui il Catechismo della dottrina cristiana de’ doveri sociali, i Doveri sociali per uso delle scuole normali ne’ domini di S.M. Siciliana o ancora i Principj di aritmetica per uso delle scuole primarie del regno dirette con metodo normale e le Istruzioni di agricoltura per le scuole primarie del Regno (1816), insieme alla manualistica per i collegi e i licei tra cui ricordiamo il Nuovo metodo de’ signori di Porto-Reale per imparare con facilità, ed in poco tempo la lingua greca, tradotta dal francese e la Logica od i primi erudimenti della filosofia composti per la gioventù dal padre domenicano Gorgonio Gorgnoni (1820).
L’analisi sin qui condotta assume connotati diversi quando si passa a considerare l’area siciliana, che fu caratterizzata dalla presenza della Stamperia Reale con sede a Palermo, la quale esercitò una posizione dominante condizionando fortemente, e diversamente da Napoli, lo sviluppo dell’editoria locale.
Fondata nel 1799 da Francesco IV di Borbone, per affiancare le attività della Deputazione degli Studi e dell’Amministrazione governativa, la Stamperia fu sin dall’inizio cautelata da una protezione legislativa che raggiunse la sua massima espressione nel 1820, allorché le fu accordata con decreto, la privativa di stampare e vendere tutti i libri d’istruzione per le scuole. Sotto la direzione di Gregorio Speciale - già rettore del collegio dei nobili ‘Real Ferdiando’ di Palermo - si operò una scelta di testi classici, sia greci che latini, come italiani e francesi, e si crearono, al contempo, opere compendiate con edizioni assai curate ad uso delle scuole pubbliche che nel loro complesso avrebbero individuato l’insieme dei libri di testo destinati alla consacrazione ufficiale per le scuole siciliane per buona parte del primo ‘800 (TODARO, 2004).
In questo contesto, l’interesse verso l’editoria scolastica fu minima nel periodo da noi considerato: i tipografi-editori (Tabella 3) dovettero soprattutto ripiegare sul commercio e l’importazione di libri provenienti dal resto degli Stati italiani e da Napoli, piuttosto che sull’attività tipografica ed editoriale.
Emblematica, al riguardo, è l’esperienza di Giovanni Pedone Lauriel (TUMINO, 2004), ricordato dal filosofo Giovanni Gentile come l’editore benemerito di tutti i gli scrittori di Palermo nella seconda metà del XIX secolo, attività editoriale che poté espletare solo a partire dal 1832, dedicandosi sino ad allora alla sola attività di libraio, e come lui i tipografi Dato, Gaudiano e Gagliano, Muratori e Pedone, Solli (TUMINO, 2004) e Abbate (TODARO, 2004); quest’ultimo, seppe trarre profitto dall’attività di libraio, ristampando in proprio fortunate edizioni espressamente dirette al consumo scolastico, mentre il Nobolo (TUMINO, 2004), seppur libraio, seppe ricavarsi una nicchia nella stampa di testi di medicina e di igiene destinati al largo consumo.
Tra i tipografi che non svolsero anche l’attività libraia va segnalato il catanese Giuseppe Pastore, il quale trovò la sua principale fonte di guadagno nelle pubblicazioni per il clero e per le istituzioni scolastiche ad esso collegate (TUMINO, 2004). La restante produzione dei tipografi e/o editori censiti per l’area siciliana, risulta contrassegnata dal carattere eclettico, limitata soprattutto al contesto locale per tematiche e circolazione.
Conclusioni
Gli studi relativi all’editoria scolastico-educativa e alla manualistica scolastica, nel corso di questi ultimi anni, hanno registrato un notevole interesse da parte degli storici, soprattutto di quelli impegnati nell’ambito della storia dell’educazione. È stato, in proposito, opportunamente segnalato che quello intorno ai libri di testo e all’editoria scolastico-educativa è stato l’ambito in cui si è registrata la maggior crescita nel corso di questi ultimi venti anni (SANI, 2011).
Nel quadro più complessivo dell’indagine intorno alla realtà, alla produzione e alla circolazione editoriale, si è voluto offrire un primo sondaggio relativo al contesto del Regno di Napoli e del Regno delle Due Sicilie, attraverso l’individuaziine di alcune piste di lettura e di alcune ipotesi interpretative d’insieme che tengano in adeguato conto la riforma dell’istruzione attuata durante il Decennio Francese e consolidata negli anni della seconda Restaurazione.
Le analisi condotte sul versante istituzionale hanno consentito, da una parte, di individuare i testi e gli autori indicati dallo Stato allo scopo di uniformare metodi e contenuti dell’insegnamento; dall’altra, di delucidare la politica scolastica in merito alla produzione della manualistica dedicata alle scuole.
All’interno di questo contesto, sono state collocate le vicende della evoluzione del mercato tipografico-editoriale, in parte occupato dall’editoria di Stato e in parte da editori e tipografi privati. Le analisi, condotte su questo versante ricorrendo a fonti indirette a causa dell’indisponibilità di fonti di archivio, hanno restituito la geografia produttiva dell’editoria scolastica del Regno nel periodo considerato.
Si spera che, in futuro, la disponibilità di nuove ed inesplorate fonti primarie, quali ad esempio quelle conservate negli archivi scolastici, e di studi incentrati sulla dimensione locale (BARAUSSE, GHIZZONI, MEDA, 2018), possano restituire il quadro della effettiva circolazione della manualistica scolastica nelle scuole.