Dove vive la lingua italiana, ivi è Italia
(Boselli, 1917)
Premessa: il tema e le fonti d’indagine
Il contributo si propone di gettare nuova luce sull’opera della “Commissione dei libri” istituita internamente alla “Dante Alighieri” a cominciare dal 1903 e lungo una parabola che corre fino al 1917, per esaminare il ruolo e l’impegno collaterale al governo (SALVETTI, 1995), su più piani esercitati dalla Società in favore delle scuole e degli emigranti italiani all’estero nel primo Novecento.
In occasione della Mostra degli italiani all’estero all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, nel padiglione costruito nella piazza d’Armi, la relazione del professor Bernardino Frescura, segretario generale della Giuria, fu pubblicata dal Commissariato Generale dell’Emigrazione che collaborò fattivamente alla sua realizzazione. Il documento ci porge uno sguardo puntuale sull’impegno provenuto in particolare dalla sezione di Milano della “Dante Alighieri” nell’organizzazione della manifestazione che consentì la raccolta “dei documenti parlanti della multiforme attività degli Italiani che vivono lontano dalla patria e [di] quanto poteva servire a far conoscere ed apprezzare la nostra emigrazione e ciò che si fa in Italia e all’estero per la sua tutela” (BOLLETTINO DELL’EMIGRAZIONE, 1907, p. 3). L’elenco dei premiati in quella circostanza e in modo particolare le motivazioni che accompagnano i riconoscimenti tributati aprono squarci d’interesse intorno al ruolo svolto nella stagione primo-novecentesca dalle principali società all’estero “più attive nell’affratellare gli emigranti italiani, nel sovvenire ai loro bisogni e soprattutto nel mantenere viva fra loro la tradizione della patria lontana” (BOLLETTINO DELL’EMIGRAZIONE, 1907, p. 14). Nello specifico, le ragioni illustrate dal relatore nell’attribuzione che fu deliberata, da parte della Giuria, del Diploma di Gran merito al Consiglio centrale della “Dante Alighieri” per la Difesa della italianità aiutano a comprovare l’ampio spettro delle attività condotte dalla Società nel “diffondere e mantenere la lingua [nostra] e la coltura fra quanti italiani sono nel mondo”, al fine di esplicare “un’azione integratrice di quella del Governo nazionale, che è quanto dire un’azione di Stato” (BOSELLI, 1917, p. 9)
I meriti esposti ripercorrono le difficoltà dei princìpi della vita della “Dante”, nel fraintendimento circa il suo profilo di accademia letteraria: nei propositi dei fondatori, tuttavia, “la lingua doveva essere un grande fattore d’influenza politica. Non le spettava cioè un ufficio letterario soltanto, bensì l’ufficio più alto di conservare e rinvigorire nei nostri connazionali spatriati il sentimento, e, dirò perfino, l’orgoglio della patria comune” (GIANTURCO, 1896, p. 8). Altra accusa rivolta alla Società “Alighieri” fu quella di essere una “cospirazione irredentista”, poiché specialmente in alcune fasi di vita l’organismo si mosse, almeno in una delle sue correnti, molto in favore e difesa della lingua italiana presso le popolazioni delle terre irredente, quale campo preparatorio alla loro riappropriazione. Ancora la “Dante” fu sospettata di essere una derivazione di altre organizzazioni settarie, poiché:
Sospetta a qualche Stato vicino, come quella che mirasse a turbare le buone relazioni internazionali, la “Dante Alighieri” parve sulle prime a taluno un’oscura setta, che covasse propositi di sedizione, non una libera Associazione, sorta e operante alla luce del sole (GIANTURCO, 1896, p. 5).
Al contrario, fu rivendicato da più parti come fosse stato il primo presidente Ruggiero Bonghi a credere che “l’Italia avesse appunto una propria missione di civiltà, che bisognasse adempirla oggi con crescente vigore, e che la lingua fosse il più efficace dei mezzi atti a diffondere l’influenza nostra, la coltura e il nome italiano” (GIANTURCO, 1896, p. 6). Precisava con chiarezza tali intendimenti lo stesso Bonghi nel suo discorso inaugurale al primo Congresso organizzato dalla “Dante” nella sede centrale di Roma, il 26 marzo del 1890. Partendo dall’incontestabile “consaguineità consacrata dalle tradizioni, dalla lingua, dalla storia comune” tra gli italiani in patria e quelli dispersi nel mondo, egli asseriva con vigore “Il curare l’Italianità oltre i confini è una molla d’Italianità al di qua dei confini (BONGHI, 1896, p. 42).
Ai primi passi alquanto incerti, fecero quindi seguito i consensi conquistati lentamente nell’opinione pubblica circa l’alto ideale che orientava la “Dante” ad “aspirazioni morali e patriottiche e ad utilità pratiche”. I meriti del costante progresso vengono ricondotti tanto alla distanza da intenti politici quanto, principalmente, al perseguimento del “programma prettamente italiano” abbracciato con prudenza e pervicacia dal Consiglio centrale presieduto dai suoi primi presidenti, Bonghi, Villari e Rava, con altri esponenti di diversa fede politica, ma accomunati dallo stesso slancio patriottico. Il discorso commemorativo pronunciato da Emanuele Gianturco alla morte di Ruggiero Bonghi restituisce in molti passaggi i sentimenti di grande apprezzamento per la funzione da questi svolta proprio quale fondatore dell’organismo, poiché:
La fondazione della Società Dante Alighieri fu a parer mio la più mirabile delle opere di Ruggiero Bonghi. In essa egli accolse tutte le forze del patriottismo italiano, più largo e illuminato: in essa s’incontrano conservatori e radicali, anarchici e repubblicani, tutti mossi a un pensiero comune, e quasi in terreno neutrale, dove non attecchiscono le misere dissensioni della politica quotidiana (GIANTURCO, 1896, p. 4).
In relazione all’ “esperienza di associazionismo politico unica nel nostro paese” rappresentata dalla Dante (SALVETTI, 1995), lo slancio iniziale di segno “nazionale”, non solo politico ma anche pedagogico, tanto all’interno quanto all’estero, riecheggia ancora nelle parole di Bonghi, il trascinatore della prima ora:
Fonderemo scuole, scriveremo e spanderemo libri, istituiremo librerie, stabiliremo premi, apriremo relazioni, difenderemo interessi legittimi, salveremo diritti. Nella universalità della sua azione e dei suoi intenti la Società nostra non può avere nessun fine politico; ma essa ha un fine morale, intellettuale, sociale, che impedirebbe, quando si conseguisse, che a un fine politico fosse sottratto il terreno (BONGHI, 1896, p. 42).
L’impronta fortemente pragmatica del fondatore veicola una idea di vicinanza e intervento da parte di una cerchia ristretta di uomini di cultura impregnati di classicismo oltre che di eredità risorgimentali, più prossimi ai bisogni reali della società interna ed esterna italiana, verso il rafforzamento di una idea di nazione che potesse far assurgere l’Italia a protagonista della scena politica internazionale.
In particolare, tra le strade maggiormente condivise, l’azione sviluppata dalla “Dante” per la diffusione di libri gratuiti per gli emigranti italiani, “non solo istruttivi, ma anche ispirati alla più sana morale e [alla] propaganda patriottica” (GALANTI, 1918, p. 15), rientra nella sfera di attenzioni portate soprattutto con il Presidente Villari ai problemi dell’emigrazione e alle scuole italiane all’estero. Alcune frange della Società in realtà avevano mostrato fino a quel momento una certa tiepidezza verso il tema dell’emigrazione e degli italiani “dovunque fossero”, non solo nelle terre da riannettere. Villari, al contrario, sostenne con forza come l’esigenza di diffondere e promuovere la lingua e la cultura italiana si coniugasse con quella di contrastare la “snazionalizzazione” e il rischio dell’oblio di quanti si separavano dalla patria.
Al di là degli attriti emersi nel corso del tempo, è utile attingere ancora alle parole di Bonghi per trarre le finalità perseguite dalla “Dante” fin dal suo sorgere, nel farsi “fuoco e luce” di riferimento per gli italiani lontani:
Noi, italiani, che ci siamo risollevati a nazione e costituiti a Stato, anzi a Stato che conta tra le grandi potenze del mondo, dobbiamo esercitare verso questi nostri compatrioti lontani o straniati l’ufficio di fuoco e di luce; [...] noi dobbiamo, per ogni via, tener salda nei loro cuori e nei loro intelletti l’immagine di questa lor patria, ideale o reale, e fare ch’essi abbiano l’ardire e la costanza di contrapporla a quella delle patrie altrui, in cui, contenti o scontenti, menano la lor vita (BONGHI, 1896, p. 39).
Sulla scia di tali affermazioni, il Diploma attribuito alla “Dante” nella manifestazione internazionale del 1906, da cui abbiamo preso avvio, ben documenta la posizione da essa acquisita nella politica e nella società italiane, nel primo decennio del Novecento. Da tali premesse, quindi, ci muoveremo per tratteggiare le scelte e gli interventi attuati a favore della diffusione della lingua e della cultura nazionale tra gli italiani fuori dai confini patri. Il focus si concentrerà, nello specifico, sull’attività della “Commissione dei libri” che resta tutta da lumeggiare. Infatti, la circolazione transnazionale del libro italiano (ASCENZI et al., 2019; LUCHESE; BARAUSSE; SANI; ASCENZI, 2021), quale oggetto didattico e strumento principale indirizzato alla protezione e istruzione degli emigranti, nell’esperienza d’intervento della “Dante”, sarà indagata negli anelli essenziali del circuito di strategie educative e culturali poste in campo: sul suolo italiano, nella cooperazione interna per l’invio dei libri nazionali, con la Direzione Generale delle Scuole all’Estero, con il Commissariato Generale dell’Emigrazione, con le case editrici e altre associazioni; già fuori dai confini del Regno, durante l’espatrio, nell’organizzazione di bibliotechine navali a bordo dei vapori; in terra straniera, nella distribuzione di migliaia di libri, non solo scolastici, nei diversi paesi di approdo.
Prima di procedere nel merito dell’indagine, preme dare conto della varietà di fonti utilizzate per la ricostruzione del lavoro svolto dalla “Commissione dei libri” della “Dante”. Si sono rivelate di marcato interesse le relazioni del Consiglio centrale della Società e nello specifico quelle licenziate dalla “Commissione dei libri”, grazie soprattutto al suo primo presidente il professor Arturo Galanti (1854-1920), già membro del Consiglio Centrale. Lo studio si prefigge quindi d’incrociare i piani d’attenzione rivolti al tema della protezione e della educazione alla “perenne italianità” degli emigranti all’estero, nei vari circuiti formali e informali, facendo leva sulle discussioni e i lavori dei congressi annuali della Società, dagli esordi fino al fascismo. I documenti pubblicati che si ricordava in avvio, discorsi inaugurali e resoconti di congressi e convegni sul tema delle biblioteche circolanti spedite dalle sponde patrie a quelle più lontane straniere; gli Atti o Bollettini della Società; le evidenze documentarie archivistiche conservate presso il Ministero degli Affari Esteri; alcuni periodici illustrati per l’educazione dei connazionali all’estero dati alle stampe su iniziativa della Società, tra cui quello uscito per i tipi di Vallardi Patria e colonie; una letteratura per gli emigranti fin qui ritenuta minore ma ricca al contrario di suggestioni rilevanti - s’intende fare riferimento alla produzione di “libri speciali” per gli emigranti, manuali pratici, vademecum, calendari e guide (D’ALESSIO, 2021b) pubblicati dalla Società per alimentare “la memoria e il desiderio della patria d’origine” (CAIROLI, 1880): sono queste le principali fonti che concorrono a cementare l’indagine conoscitiva su una pagina non sufficientemente nota della circolazione dei libri per gli emigranti italiani promossa dalla “Dante” fino al primo conflitto mondiale per la tutela, la diffusione e la conservazione dell’“anima nazionale” italiana, quale elemento di cultura, progresso e prestigio nel mondo.
Il contributo intende fare incursione nei gangli della storia e dell’azione della “Dante” nella consapevolezza di segnare solo alcuni solchi in un fertile terreno da meglio dissodare, assecondando una prospettiva storico-educativa suscettibile di nuovi apporti e più mature acquisizioni. Tra le premesse, preme subito mettere in risalto l’intento di connettere più fili per circoscrivere l’itinerario della promozione e realizzazione della circolazione del libro italiano tra gli emigranti: partendo dalla considerazione, per un verso, delle scelte complementari dello Stato e dei soggetti privati, nell’opera congiunta tra Direzione Generale delle Scuole Italiane all’estero, Commissariato Generale dell’Emigrazione e la “Dante” sul suolo italiano; così come, per l’altro, della varia e fitta trama di presenze delle istituzioni tanto laiche quanto confessionali cooperanti all’estero nell’impresa di conservazione e incremento dell’italianità della lingua e della cultura, a partire dai libri di istruzione e di lettura per ciascun paese d’emigrazione.
La nascita, il funzionamento e l’opera della “Commissione dei libri” dal Congresso di Udine nel 1903
Nel contesto delle politiche in favore dell’emigrazione messe a punto dal governo italiano, specie in seguito alla legge del 1901 che istituiva il Commissariato Generale dell’Emigrazione (D’ALESSIO, 2021a; 2022), si manifesta la corrispondenza d’intenti con le associazioni private che concorsero in maniera incisiva alla tutela e alla diffusione della cultura nazionale fra gli emigranti. In tale raggio di attenzioni, emerge il ruolo centrale svolto dalla Società “Dante Alighieri”. Sorta nel 1889 su iniziativa di Carducci e Villari (PISA, 1995; SALVETTI, 1995), l’organismo stabiliva con chiarezza nei propri fini statutari l’intento di difendere e promuovere la lingua e la cultura italiana all’estero attraverso una serie di iniziative, che in questa sede s’intende portare in luce specie con riguardo all’opera di diffusione del libro “tra gli italiani che abbandonano la patria e per conservare in essi l’impronta nazionale troppo facile a perdersi” (GALANTI, 1918, p. 1).
Le relazioni portate ai primi congressi a cavallo tra Otto e Novecento restituiscono le principali tematiche discusse e le risoluzioni adottate dalla “Dante” in rapporto all’emigrazione: il ruolo di assistenza e presidio di italianità dei Comitati interni e all’estero; il dibattito sulle scuole italiane all’estero (CIAMPI, 1998; SALVETTI, 2002), nel riconoscimento del nevralgico compito della scuola quale mezzo di diffusione dell’uso della lingua e di espansione dell’influenza politica e morale del popolo italiano (GALANTI, 1918); la protezione degli espatriati, a cominciare dalla loro preparazione “speciale” prima di partire, per renderli “padroni dell’alfabeto” (VILLARDI, 1914, p. 155); le iniziative di propaganda educativa e sociale condotte soprattutto attraverso la raccolta, circolazione e fornitura delle bibliotechine di libri sia a bordo dei vapori, lungo la lenta traversata oltreoceano, che dopo nei porti di attracco. Sono argomenti ricorrenti quelli inerenti “i rapporti che si dovrebbero istituire tra la Dante Alighieri e le scuole e le società italiane all’estero” (GALANTI, 1898) (IX congresso di Torino nel 1898); i rapporti tra l’emigrazione e la “Dante” (all’XI congresso di Ravenna del 1900 l’intervento di Pullè presentò delle carte comparative tra l’Italianità culturale e l’Italianità esulante (COLAJANNI, 1904, p. 8) approntate con Marinelli); la tutela degli emigranti (XII congresso di Verona); le biblioteche di bordo per gli emigranti (al XIV congresso di Udine Zaniboni intervenne illustrando il dovere della “Dante” d’intervenire nella misura delle sue forze a favore dell’alfabetizzazione e moralizzazione delle masse migranti); le condizioni intellettuali degli emigranti e l’azione della “Dante”: si veda la relazione del deputato al Parlamento Napoleone Colajanni al XV congresso di Napoli nel 1904, tesa a definire i benefici diretti e indiretti dell’emigrazione, unitamente al ruolo della “Dante” in tale movimento sociale (COLAJANNI, 1904), di cui si discusse anche al XIX congresso dell’Aquila; i manuali e le guide pratiche per gli emigranti (XVII congresso di Genova nel 1906); l’attribuzione di particolari premi agli insegnanti all’estero, tra cui la grande medaglia d’oro con l’effigie di Pasquale Villari, per i benemeriti dell’italianità all’estero (XVIII congresso di Cagliari e Sassari del 1907).
In relazione, pertanto, alle dinamiche culturali che andavano a saldarsi agli orientamenti governativi di ripresa della politica d’italianità all’estero, attraverso principalmente l’organizzazione scolastica (BARAUSSE, 2015), merita ripercorrere lo sviluppo dell’impegno della “Dante” a partire dagli obiettivi gettati dal primo presidente Ruggero Bonghi alla guida del sodalizio tra il 1889 e il 1895, per la promozione della lingua e delle letture circolanti. In particolare, fu il suo successore Pasquale Villari a richiamare con vigore lo sguardo di tutti i soci, tra il 1896 e il 1903, sull’importanza di rafforzare i legami tra gli emigranti e la patria. Appaiono, infatti, nutriti di uno slancio accorato i discorsi inaugurali pronunciati da Villari in occasione dei congressi di Verona, nel settembre del 1901 e di Udine, nel gennaio del 1903, contro i rischi di “snazionalizzazione” in cui era facile incorrere in quel tornante di emigrazione soprattutto oltre-oceanica. Due snodi temporali non casuali: il primo, concomitante con l’emanazione della legge governativa del 1901 istitutiva del CGE, che avviava una politica attenta alla questione dell’emigrazione quale fattore economico e sociale nazionale non più differibile; il secondo, che a distanza di due anni, sulla scia dei consigli espressi dal ministro Emanuele Gianturco, socio della “Dante” tra i più attenti alla promozione della cultura nazionale attraverso la circolazione del libro italiano, porta alla costituzione durante il XIV Congresso nazionale udinese della “Commissione speciale dei libri”. Fornita di propri mezzi dal Consiglio centrale, era destinata a raccogliere altre offerte gratuite di libri da spedire oltre confine.
La presidenza fu da subito assegnata al professor Arturo Galanti, esponente di spicco del direttivo della Società fin dalla sua fondazione. Sotto il terzo presidente della “Dante” Luigi Rava, in carica dal 1904 al 1907, e anche con il suo successore Paolo Boselli (1907-1932), la direzione del nuovo organo si sarebbe rivelata continua e fattiva nella persona di Galanti, fino al 1917. Presero parte alla Commissione, quale presidente onorario, il professor Angelo Scalabrini, dal 1903 Ispettore generale delle scuole all’estero, poi dal 1911 Direttore delle stesse; il Conte Donato Sanminiatelli, membro del Consiglio centrale della “Dante”, quale vice-presidente dal 1897; Federico Minutilli e Angelo Piazza, consiglieri del Comitato romano; la contessa Giulia Vimercati-Sanseverino e il cavalier Ignazio Lozza, proprietario e direttore della casa editrice “Giacomo Agnelli” di Milano, il quale contribuì in modo cospicuo alla donazione di 40.000 volumi per duecento biblioteche di duecento libri ciascuna (GALANTI, 1904, p. 25).
Le relazioni ufficiali portate ai congressi ed altri utili scritti di Galanti ci vengono in soccorso nella ricostruzione dell’opera della commissione, svolta anche attraverso l’efficace coordinamento con quegli enti che indirizzavano i propri intenti alla tutela delle masse migranti, prima, durante e specie all’arrivo nei paesi di destinazione, nella volontà comune di difendere la loro italianità in suolo straniero.
Il lavoro della “Commissione dei libri”: l’organizzazione sul suolo italiano
La funzione statutaria della diffusione gratuita del libro italiano fissava il raggio d’impegno della “Dante” a favore degli emigranti: nel “procurare gratuitamente i libri di vario genere, ma sempre esclusivamente italiani [...], cooperare alla loro istruzione e mantenere vivo in essi il ricordo della madre patria” (GALANTI, 1918, p. 7). Il lavoro cui fu chiamata pertanto la Commissione si rivelò alquanto articolato e complesso, riguardando aspetti di natura economica e commerciale, negli acquisti e nelle ripartizioni dei libri; aspetti di natura relazionale, nei confronti dei diversi donatori; aspetti di natura organizzativa, nel coordinamento con i circa trecento Comitati (all’estero e nel Regno); di natura istituzionale e associativa, nei rapporti intrattenuti con altri enti governativi e soggetti privati. Il Presidente Galanti, a distanza di un quindicennio dalla costituzione della Commissione, ne ripercorre l’operato, le modalità d’intervento e i risultati ottenuti: apprendiamo che tra il 1903 ed il 1917 erano state predisposte e spedite all’estero circa 1.000 biblioteche, ve ne erano di maggiori e minori, come avremo modo di precisare attingendo ad alcuni documenti archivistici, con non meno di 250.000 volumi, per una spesa di circa 213.000 lire (GALANTI, 1918, p. 8). Fanno parte a sé le biblioteche di bordo, create sulle navi in collaborazione con alcune compagnie di navigazione dai Comitati di Genova e Napoli.
L’impegno della “Dante” sul versante librario per la diffusione e conservazione della cultura italiana fra gli italiani all’estero “e fra gli stranieri desiderosi di cooperare a codesta diffusione nei loro paesi” (GALANTI, 1919, p. 4) fu indirizzato, pur attraverso i dubbi circa la sua opportunità, anche alla pubblicazione, oltre che degli Atti, di un libro di letture per scuole italiane all’estero che fu approntato da Camillo Manfroni con il titolo La patria lontana. Il testo, tuttavia, non riscosse un generale apprezzamento, tanto che lo stesso Galanti ne stilava un giudizio limitativo con lo specificare che “fu un libro come tanti altri, perché vi si parlava soltanto della bellezza, gloria e risorgimento politico della patria lontana” (GALANTI, 1911, p. 13). Fu dato inoltre avvio alla Collana della “Biblioteca per l’emigrante italiano” che non vide però altri titoli se non quello licenziato per il suo varo da Bernardino Frescura, con la Guida dell’Argentina.
Ma procediamo con ordine.
Gli stanziamenti finanziari
Sul piano finanziario, la “Dante” poteva contare sugli stanziamenti della sede centrale che furono negli anni incrementati, in risposta alle maggiori richieste di testi scolastici, soprattutto nelle prime fasi, di libri di lettura e riviste: dalle 3.000 lire del 1903 si giungerà, attraverso una gradualità di circa 2/3.000 lire di aumento ogni due anni, alle 20.000 lire assicurate nel 1913. Un sostegno consistente fu inoltre garantito dal Ministero degli Esteri attraverso il CGE per la costituzione di biblioteche circolanti di bordo da spedire in America, di circa 3.000 lire tra il 1903 e il 1909, anno in cui si aggiunse un contributo straordinario di altre 1.000 lire. Ne resta traccia nel fondo documentale sulle Biblioteche circolanti in Brasile, depositato presso il Ministero degli Affari Esteri (ASMAE, AS 1889-1910, POS B, b. 339, f. Brasile PG Biblioteche circolanti). Nelle lettere indirizzate al Ministero, si comunicano le disposizioni deliberate dal 1904 e rinnovate dal CGE nelle gestioni dei bilanci annuali successivi, dello stanziamento di L. 3.000 per l’acquisto di libri di lettura per le piccole biblioteche circolanti da istituirsi nelle colonie “ove esistono scuole e società di mutuo soccorso italiane”. Le informazioni cui dare risalto, nella corrispondenza giacente al MAE, riguardano tre piani: quello, come si diceva, finanziario interno; quello relativo alle spese delle spedizioni, assorbite dagli sconti riservati alla “Dante” da alcune case editrici, tra cui abitualmente la ditta Paravia, Albrighi e Segati e Bemporad; quello sui generi librari, di cui le fatture allegate forniscono indicazioni assai originali, unitamente a quelle tanto sui fornitori dei libri, quanto sui vari paesi di destinazione. Nella lettera dell’11 luglio 1906 vengono rendicontate e dettagliate tutte le spese sostenute a fronte delle 3.000 lire concesse dal CGE. Sappiamo in tal modo che esistevano biblioteche circolanti di vario tipo, primo, medio, superiore, da quella spedita ad esempio a Barcellona di L. 76,95 a quella di tipo superiore riservata a Rosario di L. 365,35. Conosciamo anche il nome del principale spedizioniere, la Ditta Elefante ed i costi da questa applicati, nei vari paesi di destinazione tra Brasile, Messico, Argentina, ma anche Svizzera, Grecia e lo stesso Trentino. Grande interesse acquistano naturalmente gli elenchi dei libri acquistati, in ragione dell’indirizzo formativo e dell’impronta educativa trasmessi dalle letture proposte agli emigranti fuori dal Regno: salta all’occhio, tra gli altri, l’acquisto, ad esempio, con uno sconto del 25%, di duecento copie del volume Edmondo De Amicis educatore dato alle stampe dalla stessa Dante Alighieri nel 1908, a riprova della fortuna dell’autore nelle sponde dell’America latina (PANIZZOLO, 2021, p. 289-295).
Nel complesso la “Dante Alighieri” annoverava nel 1914 oltre 60.000 soci, dentro e fuori i confini italiani, tutti paganti una quota di 6 lire. Come ricorda Galanti, a fronte dei sussidi raccolti da altri donatori, la Società poteva vantare un impegno di spesa che, nella propaganda sociale ed educativa attraverso la fornitura di libri fuori dal Regno, dalla sua fondazione fino al 1917 si aggirava intorno ai tre milioni di lire.
I donatori
Puntuali indicazioni sul contributo offerto da altri donatori pubblici e privati alla raccolta della “Commissione dei libri” volta allo scopo “di spedire libri italiani nei centri di popolazione italiana fuori dal Regno e di promuovere nei medesimi, col concorso dei Comitati locali all’interno ed all’estero, la formazione di biblioteche circolanti, popolari, letterarie o scientifiche, la distribuzione di libri scolastici, l’offerta di libri di premio” (GALANTI, 1911, p. 3), provengono ancora dai resoconti a firma del presidente Galanti. Siamo informati sulle modalità di contribuzione assicurate attraverso disponibilità economiche e dono di libri da parte di singoli privati, ma specie di società quali il Consorzio Nazionale per le biblioteche gratuite e le Proiezioni luminose di Torino, che cooperò anche con l’invio di proiettori e altri sussidi didattici di cui merita dare conto e alcuni editori, tra cui l’Unione Tipografica Editrice di Torino, l’editore Salvatore Biondo di Palermo e la Tipografia Editrice Agnelli di Milano (GALANTI, 1918; 1919).
Un utile stimolo di riflessione intorno allo sviluppo dell’impegno librario della “Dante” deriva dal graduale incremento di richieste a cui la Società non riuscì nel tempo a stare dietro. Limitando pertanto le spedizioni solo alla propria iniziativa e a bibliotechine “su misura” non più standardizzate, si apriva il varco a una seconda fase, successiva alla vita della Commissione di cui ci stiamo interessando che si esaurì nel 1917, in coincidenza con l’atmosfera politica post-bellica e l’affacciarsi del primo fascismo. Di lì a qualche anno la stretta nazionalista avrebbe condizionato anche il rilancio delle politiche di italianità attraverso il braccio commerciale ed educativo al tempo stesso della produzione libraria, parallelamente agli interventi delle Commissioni ministeriali per l’approvazione dei libri di testo per le scuole all’estero, in parte modificando il rapporto tra fronte governativo e azione privata (BARAUSSE, 2019).
Pregnanti al riguardo appaiono le considerazioni esposte da Fracassetti al Convegno di Trento del 1921, poiché restituiscono con evidenza la spinta successiva intorno alla propaganda del libro. Intrise di linguaggio e messaggi alquanto enfatici, tratteggiano il nuovo profilo che la “Dante” si accingeva ad assumere nel contesto del ventennio fascista. Inoltre, invocando un’ “austera dignità di criteri” (FRACASSETTI, 1922, p. 8), la Società, pur confermando il compito dei propri “volontari dell’ideale” di conservare, difendere e anche combattere in nome dei valori patrii il sentimento nazionale all’estero, rivendicava le difficoltà di portare avanti l’ufficio di propaganda libraria, non solo per i sopraggiunti costi di edizione e spedizione. Ma anche in ragione della selezione di “libri italiani di autore e di edizione, di lingua e di forma, di pensiero e di sentimento” (FRACASSETTI, 1925, p. 24) che rispondeva all’alta e rinnovata “impresa di irradiazione spirituale” (FRACASSETTI, 1922, p. 7) da operare a partire proprio dalla battaglia del libro. Stava mutando il clima politico generale, ravvisabile negli indirizzi della propaganda del libro restituiti dal Presidente Fracassetti. Nelle sue parole, non solo la “difesa dell’idioma ma [...] la diffusione della nostra influenza intellettuale e morale” comportavano l’interessamento per una superiore, quanto evidentemente vigilata qualità dei testi da diffondere nelle scuole e tra i connazionali all’estero, nell’ “opera di solidarietà della grande famiglia italiana sparsa per il mondo” (FRACASSETTI, 1922, p. 10).
Le case editrici resesi disponibili dalla prima ora furono anche additate di voler solamente svuotare di ingombranti depositi i propri magazzini: la notizia, peraltro, fornisce una spia non sufficientemente indagata di un circuito alternativo, cercato oltre frontiera, tanto alla commercializzazione interna che alla distruzione delle vecchie scorte di manuali obsoleti mandati al macero, a cui molte sigle editoriali furono indotte dalle trasformazioni dei programmi ministeriali e dei nuovi testi introdotti con repentinità e sconvolgimento del mercato dello “scolastico” (a cominciare dal primo Novecento con le indicazioni Orestano nel 1905 e ancor dopo nel 1923 con Lombardo Radice) (CHIOSSO, 2013).
La cooperazione con altre istituzioni per la diffusione del libro fuori del Regno
Torniamo ora ad occuparci della rete di società cooperanti con la “Dante” nella diffusione del libro tra gli italiani nel mondo, fin dalle prime fasi. In primo luogo, naturalmente, occorre richiamare il consistente intervento della Direzione Generale delle Scuole Italiane all’Estero, negli sviluppi conosciuti a partire dall’iniziativa di Crispi, in favore delle scuole governative o di Stato e di quelle sussidiate nei paesi di emigrazione dell’Europa orientale e poi transoceanici. Gli Atti dei congressi della “Dante” documentano la rilevante questione dibattuta nei propri lavori intorno al tema nodale dell’organizzazione scolastica all’estero. Provano anche i pareri difformi circa la priorità da dare all’apertura di scuole governative o sussidiate, nelle diverse aree del Mediterraneo rispetto a quelle oltre oceano, insieme all’impegno profuso dallo stesso sodalizio per l’apertura non solo di scuole elementari, ma anche medie secondarie. Tornano su tali aspetti le osservazioni di Galanti, nella relazione tenuta sul quesito specifico della Commissione centrale fin dai lavori del Congresso di Torino nel 1898, sui possibili rapporti della “Dante” con le scuole italiane all’estero. In particolare, gli aiuti governativi riguardarono in prevalenza sussidi in libri e materiale scolastico. Da un calcolo medio delle spese tra il 1914 e il 1918 in acquisto e spedizioni di libri, si ricava che furono inviati dalla Direzione non meno di 1.000 volumi all’anno verso le popolazioni italiane nel mondo, non solo scolastici ma anche di lettura amena e istruttiva.
Altri soggetti cooperarono alla diffusione di libri utili ai connazionali fuori dai confini patri. Un ruolo rilevante fu svolto dal Commissariato Generale dell’Emigrazione, istituito come si anticipava grazie alla legge del 1901, vera svolta normativa in fatto di tutela di chi abbandonava il suolo d’origine, cui fecero seguito la cosiddetta legge Tittoni del 1910 e quella del 1913, tese a garantire non tanto l’istruzione quanto la protezione e assistenza delle masse migranti (AMBROSOLI, 1999). La particolare elargizione di fondi vide la collaborazione fattiva tra la “Dante” e il CGE specie per la fondazione dell’Istituto medio italo-brasiliano in San Paolo; la pubblicazione del Bollettino Dell’emigrazione; l’istituzione di numerosi Patronati per gli emigranti; una intensa attività editoriale legata alla pubblicazione di manuali pratici, guide e vademecum, utili per le avvertenze e i consigli a chi si mettesse in viaggio, per sottrarsi ai raggiri di compagnie e di agenti e per la disponibilità di testi più utili di guide sui paesi di destinazione, insieme ad una serie di libri rivolti ai maestri speciali dell’emigrazione (D’ALESSIO, 2019; 2022). Ne resta una utile testimonianza nel catalogo del 1911 di tutte le pubblicazioni del CGE, di natura legislativa, istruttiva ed educativa, ruotanti intorno al valore e alla utilità dei libri ed opuscoli di larga divulgazione, in modalità gratuita, destinati sia alle scuole per gli emigranti che furono aperte in buon numero dopo il 1904 nei paesi di maggiore emigrazione in Italia, che a quanti avessero raggiunto i paesi di destinazione.
Insieme al lavoro del CGE, la “Dante” collaborò in buona sintonia d’intenti con altre associazioni sia laiche che confessionali. Tra di esse, un posto di primo piano occupa la Società Umanitaria di Milano con il suo Ufficio di Emigrazione centrale dei segretariati laici di assistenza all’emigrazione (con 35 sezioni). Nelle sue fila, tra gli esponenti di maggior spicco svolse una funzione trascinatrice Angelo Cabrini, autore di molti scritti sull’emigrazione oltre che del più noto testo Il maestro degli emigranti, vero prototipo di questa manualistica rivolta alla maturazione di una specifica cultura magistrale per istruire ed educare gli emigranti prima di partire. Altrettanto impegnati nella cooperazione per l’invio di pubblicazioni all’estero furono sia l’Istituto Coloniale Italiano sorto nel 1906 (malgrado alcune frizioni generatesi con la “Dante”, che rivendicava una sorta di primogenitura nell’iniziativa a favore dell’emigrazione, in occasione del II Congresso degli italiani all’estero nel giugno del 1911), che la stessa Società geografica (nei suoi congressi resta traccia di tale attenzione alla educazione degli emigranti attraverso la cultura geografica dei luoghi di partenza e di arrivo degli espatriati). Non meno intenso fu il rapporto intrattenuto dalla “Dante” con le tante Istituzioni laiche coloniali e con le circa venti congregazioni religiose cattoliche operanti oltre confine, dai Francescani ai Salesiani (che avevano pure una loro tipografia), alle Missionarie del Sacro Cuore della Madre Cabrini, l’Opera Bonomelli, l’Istituto di San Carlo Borromeo e l’Associazione Nazionale Italiana per soccorrere e proteggere i Missionari, guidata da Ernesto Schiapparelli. La conformità di obiettivi rispondeva ad un bene superiore, secondo quanto affermava Bernardino Frescura: “Concordi nel supremo interesse della patria - di fronte alla quale deve cessarsi qualsiasi divisione di parte - le Società laiche e confessionali possono utilmente integrare l’opera dello Stato, e completarsi a vicenda” (BOLLETTINO DELL’EMIGRAZIONE, 1907, p. 129).
I rapporti con le case editrici
Molti enti ed associazioni concorsero con la “Dante” all’acquisto e alla distribuzione di libri italiani oltre confine. Furono allo scopo instaurate forme di collaborazione con diverse case editrici che, tuttavia, pur incoraggiate da tali richieste, non rischiarono l’apertura di succursali o filiali fuori d’Italia. Più numerose furono piuttosto le aperture di librerie italiane, a Montevideo, in Alessandria d’Egitto, a Malta, a Tripoli, lasciando peraltro campo libero alla circolazione di una “letteratura popolare clandestina” del cui sopravvento Galanti rimproverava le maggiori sigle editoriali. Apprendiamo che le uniche ditte editrici che aprirono, infatti, alcune filiali in Argentina, specie a Buenos Aires, furono la UTET di Torino, che pure tra il 1912 e il 1913 pubblicò la rivista L’Italia sotto l’egida della “Dante”; le Messaggerie Italiane di Bologna; la ditta dei Fratelli Treves e quella di Francesco Vallardi di Milano. Merita segnalare che quest’ultimo si fece promotore dal 1912 della pubblicazione di un periodico illustrato per l’educazione degli emigranti attraverso letture mensili dal titolo Patria e colonie, con il sottotitolo significativo “Ai vicini ai lontani”. Nel numero che dava avvio alla distribuzione della rivista sotto gli auspici della “Dante”, nel gennaio del 1914, il Presidente Boselli esplicitava le ragioni del sostegno dato dal sodalizio, “ora come sempre della Italianità pronto e immutabile assertore”, alle pagine che volevano essere “una voce che dall’Italia va ai suoi figli lontani e che dai figli lontani torna alla Patria”, specificando “che anche per mezzo di questa bella pubblicazione [la “Dante”] vuol mantenere vivo nelle colonie il sentimento e l’affetto per la Patria e vuol che la Patria sappia le virtù dei suoi figli”. Quasi in controcanto lo stesso Vallardi ricordava come mancasse una rivista
che studiasse e seguisse da vicino l’opera, i bisogni e le aspirazioni degli italiani che vivono al di là dei nostri monti e dei nostri mari, che portando ai figli lontani la voce memore della patria e mantenendo in questa sempre desto il loro ricordo, tenesse viva la fiamma dell’italianità e l’amore per la lingua e la cultura nazionale, fattori potenti per l’avvenire di ogni paese (VILLARDI, 914).
Il tema del commercio librario tra i paesi esteri e l’Italia era stato dibattuto in varie occasioni congressuali. Risultano in tal senso significative le proposte avanzate da Cerboni in occasione della Mostra degli italiani all’estero all’Esposizione milanese del 1906. Queste comprendevano: 1) la convenzione formale e definitiva sulla proprietà artistica e letteraria; 2) l’abolizione della tassa sui libri di ritorno invenduti; 3) edizioni ben fatte a prezzo basso, per evitare la concorrenza di editori stranieri; 4) la concessione ai librai italiani stabiliti all’estero, da parte degli editori nostrani, di avere in deposito i libri per un periodo abbastanza lungo, insieme a qualche agevolazione economica; 5) l’unione dei principali librai italiani per il commercio dei libri all’estero (BOLLETTINO DELL’EMIGRAZIONE, 1907, p. 123-124). Ben diverso sarebbe stato in seguito l’orientamento dettato da Trabalza, negli anni della sua guida alla Direzione delle scuole italiane all’estero fino al 1928, volto a incoraggiare la compilazione e la pubblicazione in loco di libri scolastici, nei diversi luoghi di popolazione italiana (BARAUSSE, 2019).
Prospettando nel 1918 il lavoro che restava da fare, Galanti ribadiva l’importanza “grande e preponderante [che] potrebbero avere per la diffusione della cultura italiana all’estero le Case editrici e librarie” e, pertanto, rivolgeva loro un invito a fondare “unendosi in cooperazione commerciale, numerose filiali là dove la popolazione italiana immigrata è più densa e inviarvi abili rappresentanti” (GALANTI, 1918, p. 13). Come si è visto, quindi, in più di un’occasione la “Dante” affrontò le questioni relative all’importante anello commerciale dell’impresa libraria condotta fuori dal Regno per la conservazione e l’incremento dell’uso della lingua, attraverso la circolazione dei libri.
Un utile contributo in termini di donazioni e vendite a prezzi di favore alla Società provenne da alcune ditte editrici anche per la predisposizione delle biblioteche di bordo sui vapori, che furono sperimentate a cominciare dalle proposte portate in occasione del Congresso di Udine, su iniziativa dei Comitati di Napoli e di Genova.
Le biblioteche di bordo per gli emigranti analfabeti: durante l’espatrio
La relazione del professor Zamboni offre un puntuale resoconto dell’intervento portato a Udine nel 1903 sul tema specifico delle piccole biblioteche di bordo ideate per l’uso da parte degli emigranti durante le lunghe traversate, su iniziativa del socio Emanuele Gianturco. Zamboni illustra il primo esperimento condotto con la realizzazione di quattro piccole librerie portatili, in seguito agli accordi con le Compagnie di navigazione e alle richieste rivolte ad alcuni avvertiti editori-librai. Apprendiamo che infatti offrirono in dono libri l’editore Pierro di Napoli, Sandron di Palermo, Laterza di Bari, Vecchi di Trani e anche privati donatori, a cui si aggiunsero gli acquisti effettuati nei cataloghi editoriali. Ciascuna libreria si componeva di 250 volumi per la “classe speciale di lettori” analfabeti o forniti di primissimi rudimenti d’istruzione. Merita segnalare la varia tipologia dei libri presenti in tali biblioteche circolanti che, insieme a sillabari e manualetti di prima lettura, comprendeva “libri che con sincero e sicuro spirito d’italianità notano ed illustrano, in forma popolare, fatti del nostro Risorgimento, e biografie di patrioti, di letterati, di artisti, di scienziati, di lavoratori” (Le biblioteche di bordo per gli emigranti, 1906, p. 9); alcuni trattati popolari e pratici delle varie arti e mestieri; libri sui luoghi lontani e sulle consuetudini di vita sociale e politica dei paesi di approdo; dizionari della lingua italiana e qualche grammatica popolare; atlanti e carte geografiche. Tra le pubblicazioni che assecondavano la “buona disposizione degli emigranti a ricorrere al libro durante gli ozii della traversata” (p. 21) vi erano anche le guide e i vademecum degli emigranti, di cui si erano fatti promotori ed editori tanto il CGE che la stessa “Dante”. In questa specifica letteratura minore, alquanto ibrida, tra propositi di assistenza, protezione, tutela ed educazione di chi si separava con senso di spaesamento verso sponde sconosciute straniere, rientrano ad esempio il Catechismo dell’emigrante e le tante guide verso specifici paesi (D’ALESSIO, 2021b; HELLER, 2017).
È interessante risalire al Regolamento di funzionamento delle librerie portatili, circolanti sui vapori in movimento. L’esperimento era partito con i quattro piroscafi Sardegna e Liguria della “Navigazione Generale Italiana”, il duchessa di Genova della “Veloce” e il Trave della “N.D. Lloyd” di Brema, destinati ai porti di Buenos Aires e New York, partendo dal porto di Napoli. L’iniziativa incontrò buona accoglienza in quanto tali bibliotechine risultarono “di vera utilità oltre che di gradita ricreazione agli emigranti, durante la traversata” (p. 14). Certamente queste piccole librerie viaggianti rispondevano alle condizioni speciali del tempo e dell’ambiente della navigazione, offrendo un’occasione di cultura nelle ore di ozio e assicurando la possibilità di leggere e magari “di affezionarsi” al libro e alla lettura, per la conservazione degli elementi di cultura nazionale. Basti considerare la durata della traversata oscillante tra i 13 e 15 giorni per valutare le condizioni favorevoli: di qui la possibilità soprattutto sollecitata dalla “Dante” di avere dei maestri degli emigranti a bordo dei piroscafi, per istruire e allo stesso tempo intrattenere durante il viaggio, che diventava un itinerario anche di prima alfabetizzazione, percepita dagli espatriati in modo positivo. Il relatore Zamboni, in ragione dell’opportunità significativa da concedersi ai maestri degli emigranti, faceva voti nel Congresso udinese, infatti, di ridurre le loro spese di navigazione, considerando l’utile e pratica assistenza portata tra le onde. È questo, a ben vedere, il secondo anello di quella circolazione del sapere attraverso i libri, per la conservazione e promozione dell’identità nazionale, nel momento dell’attraversamento dell’oceano. Una prima forma di tutela che, se non in patria, dove faticose si erano rivelate le strade per combattere l’analfabetismo diffuso, veniva favorita almeno in parte durante la lunga traversata, grazie al libro istruttivo ed educativo.
Si era fatto portavoce di tali esigenze, in particolare, il deputato Napoleone Colajanni che aveva ribadito nel suo intervento al XV congresso di Napoli il ruolo della “Dante” verso gli emigranti analfabeti. Nel garantire la tutela di questi ultimi, affermava che “la lotta per la lingua e la cultura che diviene in un primo momento lotta contro l’analfabetismo, si può combattere all’interno e all’estero” (COLAJANNI, 1904, p. 50).
I destinatari lontani delle piccole librerie: nei luoghi di arrivo
Sottraendosi alla enumerazione dei tanti luoghi verso cui furono inviati i libri dalla Commissione incaricata della diffusione dei testi nazionali, Galanti precisa nei suoi resoconti l’ampiezza e la varietà, senza preclusioni, dei destinatari:
D’altro canto nessun nucleo notevole di emigrazione italiana oltre i monti ed i mari fu da noi trascurato dentro i limiti delle nostre modeste risorse. Ne spedimmo a scuole laiche e confessionali, a Educatori, a Istituti diversi e a singoli maestri, a Biblioteche, a Società di benemerenza e di mutuo soccorso, a Circoli popolari ed educativi, a Università popolari, a patronati e Segretariati per gli emigranti e per gli operai di ambo i sessi, a Comitati della Dante, a Parroci cattolici e a pastori protestanti, a Istituzioni israelitiche, a Logge massoniche (GALANTI, 1918, p. 9).
Naturalmente, le spedizioni comprendevano molti libri scolastici, in relazione all’impegno portato verso la scuola considerata “il mezzo più efficace di diffusione del libro italiano fuori dal Regno” (GALANTI, 1918, p. 1). Galanti ricordava come la scuola, infatti, fosse il mezzo di propagazione della civiltà italiana; luogo di diffusione dell’uso della lingua; strumento di espansione non solo economica ma anche dell’influenza politica e morale del popolo italiano. Ma la Commissione raccoglieva e ripartiva libri anche di amena lettura, di letteratura, di scienza, e anche di preghiera, insieme a quelli “speciali” di consigli e guide e alle riviste educative. Fu fatto dono anche di libri nazionali a qualche biblioteca pubblica straniera, specie in America. Ancora Galanti ricorda come ben 127 Biblioteche della “Dante” erano state affidate a istituzioni varie all’estero. Un ruolo importante in tale opera di diffusione del libro italiano tra i connazionali all’estero fu svolto dai Comitati della Società, sia in Italia (erano 235) che fuori dal Regno (circa 90), che spedirono in donazione casse piene di libri, opuscoli e riviste. Molto attivi i comitati di Mantova, Bologna, Gallarate e Varese nella distribuzione di manuali per gli emigranti, quelli di Napoli e Genova come si è visto nell’approntare le bibliotechine di bordo. A questi si unirono altre istituzioni, come si diceva, dando prova di quella opera conforme tra la Direzione Generale delle Scuole all’Estero, il CGE e la “Dante Alighieri” che, affermava Galanti “vale a dimostrare che non è interamente meritato il rimprovero che si fa da taluni all’Italia di trascurare sotto ogni aspetto la tutela e la diffusione della cultura nazionale fra gli emigranti e gli stranieri” (GALANTI, 1918, p. 9).
Il Presidente della Commissione sottolineava, tuttavia, come bisognasse migliorare la qualità dei libri da destinare agli emigranti, per i quali non risultavano utili quelli d’indole letteraria o popolare, ma “libri scolastici speciali, adatti a ciascun paese d’immigrazione” con accenni
in primo luogo, alla storia, alla geografia, alle glorie, alle bellezze artistiche, ai prodotti naturali, alla geografia, agli usi e costumi della madre patria, e in secondo luogo al paese di elezione; libri scolastici cioè per le colonie d’Asia, per quelle d’Africa, di America, di Europa e magari per i singoli stati di ciascun continente (GALANTI, 1918, p. 14).
Per far questo Galanti richiamava la necessità di un’opera poderosa in stretta collaborazione tra gli editori, lo Stato e la “Dante” in testa, tra le istituzioni scolastiche e propagandistiche italiane. Evidentemente contando su un supporto finanziario che, a cominciare dal 1911, si era affievolito a favore dell’associazione. Di lì a poco, tuttavia, l’attività della Commissione sarebbe andata incontro all’esaurirsi della più utile fase di propagazione e coordinamento nell’impresa di diffusione della cultura italiana attraverso il libro. Certamente, nel suo quindicennio di lavoro, la “Commissione dei libri” aveva dato buona prova di una pratica capacità d’intervento che, malgrado alcuni ritardi e le crescenti difficoltà finanziarie, aveva assicurato la raccolta e la circolazione transnazionale del libro italiano.
L’eterogeneità, senza chiusure, dei destinatari è rafforzata dai dati riguardanti i luoghi verso cui venivano spediti i testi nazionali. A titolo esemplificativo, oltre che nel Regno, in Europa, in Africa, tra Egitto, Tunisia, Tripolitania, in Asia, apprendiamo che nell’America meridionale erano stati inviati a S. Paolo in Brasile: libri scolastici e di amena lettura al Comitato della “Dante” nel 1903; 15 biblioteche al Console generale nel 1906 da distribuire, tra gli altri, a società di beneficenza, al circolo Italiani Uniti di Campinas, all’associazione Patria e Italia di Sao Simon, all’Unione italiana di Ribeirao Preto; al Circolo ricreativo Principessa Mafalda di San Paolo; alla Società operaia di mutuo soccorso una biblioteca circolante nel 1910; alle scuole italiane di Descalvano (San Paolo) nel 1907; ad alcuni maestri-agenti di Botucatù, di Amparo, di Cando Rodriguez; al Collegio Garzone di Sao Simao libri elementari nel 1910; libri di premio per gli studenti del corso di lingua italiana al Centro commercial brasiliero di Rio de Janeiro; alla Società italiana di beneficenza “Umberto I” di Porto Alegre una biblioteca circolante, libri scolastici e “Giornaletti istruttivi”; libri scolastici anche alla Scuola italiana delle Società riunite di Pelotas (Rio Grande do Sul); a Florianopolis libri scolastici per mezzo del vice-console. Altri libri per la difesa e la diffusione della lingua italiana furono spediti, tra biblioteche, libri scolastici e di lettura, in Argentina, in Uruguay, in Cile, in Perù e furono raggiunte anche le città di Melbourne in Australia e Batavia nell’isola di Giava.
La ricostruzione fin qui proposta consente di valutare come il lavoro svolto dalla “Commissione speciale dei libri” (pur necessitando di ulteriori scavi nelle tante pieghe legate alla vita della “Dante”) avesse ottenuto risultati apprezzabili nei suoi riflessi “d’indole morale e patriottica”, tanto da far esprimere al suo longevo Presidente:
Si può a buon diritto affermare che questa della diffusione del libro italiano nei centri di popolazione italiana fuori dal Regno è, tra le iniziative della DanteAlighieri, una di quelle che più efficacemente e praticamente rispondono ai suoi nobili scopi (GALANTI, 1911, p. 26).
La soppressione della “Commissione dei libri”: nuove strategie culturali e politiche nella propaganda del libro italiano
Pur avendo svolto i propri compiti anche negli anni di guerra, durante la quale aveva inviato in prevalenza libri agli ospedali e ai soldati nelle trincee (spendendo oltre 50.000 lire), nel 1917 la Commissione fu soppressa, ritornando la sua attività tra le mansioni del Consiglio centrale. Certamente le discussioni e i malcontenti circa l’ordinamento e il funzionamento delle scuole italiane all’estero, con posizioni anche divergenti intorno all’opportunità di finanziare solo quelle sussidiate, con scelte orientate a quelle confessionali o laiche, così come sull’intervento di finanziamenti da parte delle colonie, influenzeranno questo passaggio. Del resto alcune frange dell’opinione pubblica italiana lamentavano l’eccesso di spese per gli interventi a favore delle scuole italiane all’estero. Le vicende degli anni successivi vedono il degradare del periodo liberale e il manifestarsi di una nuova atmosfera politica e culturale in cui la propaganda del libro assumerà nuovi contorni, non solo per l’esiguità dei mezzi messi a disposizione della “Dante”, ma ancor più per i mutamenti d’indirizzo tesi a non invadere il campo della funzione statale, nella scelta dei libri di testo per le scuole.
Nell’esperienza, pertanto, che si è qui ripercorsa della Commissione speciale interna alla “Dante” lungo il quindicennio primo-novecentesco indirizzato alla difesa della cultura, della lingua e della identità nazionali attraverso il libro, si possono cogliere, facendone un interessante osservatorio, i riflessi delle principali mutazioni politiche, educative e culturali del più ampio contesto italiano. Prospettando, quindi, una ripresa dei varchi d’indagine qui segnalati, andranno meglio rielaborate le complesse dinamiche culturali attraverso cui la “Dante” perseguì i propri scopi in modo attivo e complementare allo Stato, nel raggio della significativa presenza dell’associazionismo privato nel primo Novecento liberale. Meriterà, inoltre, concentrare ulteriormente lo sguardo sulle diverse posizioni interne all’organizzazione e alle scelte della Società di cui ci siamo interessati. Le lenti di lettura, infatti, potranno meglio evidenziare le divergenti linee d’intervento promosse, nei vari snodi temporali, dalle varie correnti interne ed esaminare in maniera più approfondita la complessità di quel “rapporto dialettico, mai in posizione anti-istituzionale” fra la “Dante” e lo Stato (GALANTI, 1918, p. 14) con riguardo alle politiche di organizzazione scolastica delle scuole all’estero e alla strenua difesa della italianità ai confini fuori del Regno, rifluite poi nelle mutazioni delle strategie messe a punto per la diffusione del libro.
Nel 1926, a distanza di quasi un decennio dalla fine dell’esperienza della “Commissione dei libri”, Fracassetti, subentrato a Galanti quale consigliere delegato alla propaganda del libro, affermerà che la funzione culturale e sociale del libro sarebbe stata indirizzata “con intransigenza patriottica” non solo alla difesa, ma ad una “buona e fiera battaglia” condotta con “la operosa fede nei grandi destini dell’Italia” (FRACASSETTI, 1926). La diffusione, ormai, della lingua italiana attraverso il libro nazionale, quale “strumento d’espansione culturale”, sarà sempre più subordinata alla “conquista di posizioni politiche”: avviandosi il fascismo ad assumere la sua nuova facies autoritaria, e sempre più antiliberale (FRACASSETTI, 1926), nella politica scolastica e libraria interna ed esterna all’Italia.