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Educar em Revista

Print version ISSN 0104-4060On-line version ISSN 1984-0411

Educ. Rev. vol.37  Curitiba  2021  Epub Nov 08, 2021

https://doi.org/10.1590/0104-4060.81410 

DOSSIÊ - Desafios da avaliação na e da Educação Infantil

Valutazione partecipata e continuità nei servizi educativi zero-sei: una ricerca-intervento in un quartiere della città di Palermo

Participatory evaluation and continuity in zero-six educational services: a research-intervention in a district of the city of Palermo

*Università degli Studi di Palermo. Palermo, Italia. E-mail: elena.mignosi@unipa.it


RIASSUNTO

In questo articolo verrà condotta inizialmente una riflessione sulla funzione della valutazione di contesto sia in termini formativi individuali e di gruppo, sia in termini di cambiamento organizzativo, adottando una prospettiva ecologica e sistemica. Successivamente, attraverso la narrazione di un percorso di ricerca sulla costruzione di un possibile curricolo zero-sei, condotta per tre anni con un gruppo di insegnanti di scuola dell’infanzia statale ed un gruppo di educatrici di un nido comunale operanti nello stesso territorio (un quartiere del centro storico di Palermo), verranno messi in luce e problematizzati ambiti di continuità e di discontinuità tra i due servizi educativi collegandoli alla storia e alla cultura organizzativa dei servizi stessi. Attraverso la narrazione verrà anche presentato un modello di intervento in cui si esplicita il ruolo delle diverse figure coinvolte nella gestione del progetto di ricerca e le modalità di raccordo tra loro. Verrà condotto, inoltre, un approfondimento sulla metodologia adottata per promuovere azioni di cambiamento nella direzione della continuità tra nido e scuola dell’infanzia, e ci si focalizzerà sul coinvolgimento attivo delle partecipanti attraverso l’autovalutazione riflessiva e il lavoro di gruppo. Infine saranno individuate le connessioni tra le scelte di continuità operate, le nuove indicazioni proposte dal Ministero dell’Istruzione italiano all’inizio del 2021 e le Raccomandazioni dell’Unione Europea.

Parole chiave: Autovalutazione riflessiva; Servizi Educativi per la Prima Infanzia; Continuità zero-sei anni; Gruppo di lavoro; Formazione in servizio

ABSTRACT

This article will initially reflect on the context evaluation function, both in terms of individual and group training, and in terms of organizational change, adopting an ecological and systemic perspective; afterwards, it will narrate a two and a half year research, centered on developing a zero-six curriculum with a group of public kindergarten teachers and a group of municipal nursery educators, operating in the same territory (a district in the historic center of Palermo). Areas of continuity and discontinuity between the two educational services will be highlighted and problematized, linking them to the history and organizational culture of the services themselves. Through the narration, an action- model will also be presented, explaining the role and the connections between the various figures involved in the research project management. In addition, an in-depth study will be conducted on the methodology adopted to promote the continuity between nursery and kindergarten, focusing on the active participants involvement through reflective self-evaluation and teamwork. Finally, the connections between the research topic, the new indications from the Italian Ministry of Education at the beginning of 2021 and the European Union Recommendations will be identified.

Keywords: Reflective self-evaluation; Early Childhood Educational services; Continuity between nursery and kindergarten (zero-six years); Team- work; In-service training

RESUMO

Este artigo irá inicialmente refletir sobre a função da avaliação de contexto tanto em termos de formação individual e grupal, quanto em termos de mudança organizacional, adotando uma perspectiva ecológica e sistêmica. Posteriormente, por meio da narração de uma trajetória de pesquisa sobre a construção de um possível currículo zero-seis, realizada por dois anos e meio com um grupo de grupo de professoras de pré-escola estatal (de vinculação federal) e um grupo de educadoras de uma creche municipal em funcionamento no mesmo território (o distrito do centro histórico de Palermo), serão destacados e problematizados os âmbitos de continuidade e descontinuidade entre os dois serviços educacionais, vinculando-as à história e à cultura organizacional dos próprios serviços. Através da narrativa, será também apresentado um modelo de intervenção no qual é explicado o papel das várias figuras envolvidas na gestão do projecto de investigação e os métodos de ligação entre elas. Além disso, será realizado um estudo aprofundado sobre a metodologia adotada para promover ações de mudança na direção da continuidade entre a creche e a pré-escola, que terá como foco o envolvimento ativo dos participantes por meio da autoavaliação reflexiva e do trabalho em equipe. Por fim, serão identificadas as conexões entre as escolhas de continuidade feitas, as novas indicações propostas pelo Ministério da Educação italiano no início de 2021 e as recomendações da União Europeia.

Palavras-chave: Autoavaliação reflexiva; Serviços de Educação Infantil; Continuidade zero a seis anos; Grupo de trabalho; Treinamento em serviço

La valutazione educativa come metodologia formativa e trasformativa

Il termine “valutazione” ha in letteratura una pluralità di significati che rimandano ad una pluralità di usi differenti. Nelle pagine che seguono mi focalizzerò, in particolare, sulla “valutazione di contesto” dei servizi educativi intesi come “organizzazioni” e sulle possibilità offerte da un approccio partecipativo e autoriflessivo in termini formativi, ma anche di cambiamento culturale e istituzionale (in generale o in relazione a specifiche finalità) .

Nell’ambito della valutazione di contesto Bondioli e Ferrari (2000) individuano alcuni tratti comuni alle diverse definizioni esistenti, rilevando come gran parte di queste si centrino sulla connessione tra valutazione e formulazione di un giudizio, allo scopo di orientare un processo decisionale sulla base di parametri di qualità, storicamente e culturalmente determinati. Nell’esplicitare il modello di riferimento rispetto alla valutazione di contesto, Anna Bondioli, scrive: “Valutare è l’accertamento intersoggettivo di più dimensioni formative e organizzative di un contesto educativo e indicazione della loro misurabile distanza da espliciti livelli considerati ottimali da un gruppo di riferimento, in vista di un’incidenza concreta sull’esperienza educativa” (BONDIOLI, FERRARI, 2004, p. 30).

Viene evidenziata quindi la funzione pragmatica di questo tipo di valutazione: il suo essere legata all’esame di specifici contesti ed "oggetti di indagine" in un tempo determinato al fine di rilevarne i punti di forza ed i punti di debolezza e di ipotizzare delle linee di intervento. In tali tratti viene fatta consistere la sua diversità dalla ricerca empirica che, invece, ha come obiettivo l'individuazione delle cause di un fenomeno e la generalizzazione dei risultati. In questa prospettiva, ogni azione valutativa, quando è rivolta ad un contesto educativo, è sempre connessa ad una ideologia, a delle scelte politiche e sociali, a dei paradigmi storicamente e culturalmente determinati. Implica quindi un processo di negoziazione (tra ricercatori, gestori, utenti, staff) per raggiungere criteri intersoggettivi di efficacia e di desiderabilità sociale.

Si può affermare, inoltre, che l’azione esplorativa, insita in un processo di valutazione, è sempre inserita in cicli di descrizione, riorientamento e riprogettazione della situazione, nei quali sono generate nuove informazioni e configurazioni che vengono confrontate con le premesse e le attese iniziali (LANZARA, 1993). Descrizione e valutazione non sono temporalmente e analiticamente distinte (prima la descrizione avalutativa dei nudi fatti, poi la valutazione e il giudizio): esporre i fatti rilevanti in una situazione significa già organizzarli selettivamente in uno schema temporale o causale che è subito valutativo.

I processi di valutazione di contesto fanno propri, pertanto, i costrutti relativi all'approccio ecologico, esplicitati principalmente da Bronfenbrenner (1986) i cui concetti chiave sono quelli di Sviluppo e Ambiente , considerati nella loro stretta interrelazione. Lo Sviluppo è inteso come "una modificazione permanente del modo in cui un individuo percepisce e affronta il suo ambiente" (BRONFENBRENNER, 1986, p. 31); ciò implica una visione interattiva, trasformativa e socio-percettiva dello sviluppo: l'ambiente influisce sull'individuo, ma questi, a sua volta, interagisce con esso, lo percepisce attraverso i suoi schemi cognitivi, percettivi e culturali e lo trasforma mentre trasforma se stesso in relazione.

L'Ambiente, d’altro canto, è concepito come "un insieme di strutture incluse l'una nell'altra, simili ad una serie di bambole russe" (BRONFENBRENNER, 1986, p. 31). E' da rilevare che tali strutture non sono distinte in base a variabili di tipo lineare, ma analizzate in quanto sistemi.

L’ambiente viene, quindi, definito in termini di "sistemi autocontenentisi" ed interagenti, e la relazione organismo-ambiente, viene considerata come totalità unitaria ed irriducibile agli elementi singoli. Fondamentale risulta il concetto di “contesto”, secondo l’accezione di Bateson (1972), come luogo sociale in cui si verifica una certa relazione e come contesto di apprendimento in cui un certo comportamento o un certo fenomeno si è sviluppato e si sviluppa. Ad esso è legata la nozione di significato: prive di contesto le parole e le azioni non hanno alcun significato, e ogni descrizione e interpretazione di un evento va situata e contestualizzata. Il contesto è dunque una matrice di significati in quanto trama dei rapporti che continuamente si definisce e si ridefinisce fra una molteplicità irriducibile di narrazioni e di luoghi di osservazione che si mischiano e correlano continuamente tra di loro.

Una concezione ecologica dello sviluppo nel contesto comporta, pertanto, la necessità che la valutazione abbia una validità ecologica, intendendo per validità ecologica quella che corrisponde al "grado in cui l'ambiente del quale i soggetti hanno esperienza in una determinata indagine scientifica ha proprio le caratteristiche che il ricercatore suppone o assume" (BRONFENBRENNER, 1986, p. 65). Ciò permette di evitare la decontestualizzazione e la depersonalizzazione che si realizza eludendo la relazione tra i soggetti e il contesto studiato ed offre indicazioni utili ad attivare un processo valutativo situato nello spazio e nel tempo.

In base a questa prospettiva viene posto l'accento anche sull’implicazione di tutti coloro che, a diverso titolo, operano all’interno del contesto considerato e sulle azioni di cambiamento messe in atto da processi di autoriflessione sul lavoro svolto e di ipotizzazione di nuovi percorsi e strategie sulla base di dati sistematicamente raccolti.

In questo senso, la valutazione di contesto diventa parte costitutiva di una “metodologia della ricerca” che vede attivamente coinvolti gli attori del sistema in qualità, parallelamente, di “oggetti” e “soggetti” del conoscere e assume una valenza formativa. La sua funzione pragmatica e politica ed i suoi intenti conoscitivi la avvicinano molto all’ottica della Ricerca-Azione (BECCHI; VERTECCHI, 1992; BALDACCI, 2001) se si considerano i contesti lavorativi come contesti sociali nei quali è possibile osservare e capire processi situati di pensiero e apprendimento influenzati dallo scambio sociale e dalla trasmissione culturale (ZUCCHERMAGLIO, 1995). Essi costituiscono, infatti, specifici luoghi di ricerca sui processi di lavoro/apprendimento, quando la valutazione, condotta in termini autoriflessivi, permette di far coincidere i ruoli di operatore e ricercatore, fornendo agli operatori stessi opportunità di osservazione ed analisi e coinvolgendoli direttamente nell’elaborazione di procedure più efficaci ed esplicite.

E’ da rilevare che questo tipo di valutazione, in quanto “azione situata”, connessa alle pratiche sociali ed alla cultura di una comunità, attiva processi di cambiamento che coinvolgono sia la dimensione individuale, sia quella organizzativo-istituzionale: gli individui si formano all’interno di un contesto che viene, quindi, parallelamente coinvolto nel suo complesso nei processi di apprendimento (TELFENER, 2011).

In sintesi, la valutazione di un servizio educativo che ha come scopo principale quello di incrementare le sue possibilità di cambiamento e miglioramento, si connota in termini di autovalutazione da parte di tutti gli attori del sistema, si attua all’interno di una dimensione temporale continua e si fonda su un’ analisi sistematica di quello che si è costruito e che via via si costruisce.

Inoltre, se da un lato viene recuperata la soggettività e la dimensione qualitativa, dall’altro è necessario mantenere un grande rigore metodologico, al fine di evitare la confusione, la genericità ed un’analisi su dati inconsistenti e poco chiari.

Il ragionare sul cambiamento non può, infatti, essere effettuato senza “modelli” e la scelta degli standard a cui mirare o con i quali confrontarsi è sempre un’operazione di tipo politico ed ideologico, connessa a criteri di valore; i criteri ed i parametri in base ai quali effettuare una valutazione vanno quindi negoziati tra tutti coloro che sono coinvolti nell’azione del valutare, sono il frutto di una mediazione tra punti di vista diversi e di una riflessione condivisa. In questo senso è molto importante che i diversi soggetti coinvolti nella valutazione possano servirsi di strumenti di rilevazione validi e affidabili, e che tali strumenti siano gli stessi per tutti, al fine di potere avere indicatori comuni per una lettura critica della propria realtà e del proprio sistema di valori (BECCHI, 1995). Sul piano individuale essi sono un mezzo che aiuta a decentrarsi e ad osservare/osservarsi da un punto di vista che non coincide con il proprio; sul piano collettivo costituiscono un “termine medio” di discussione e riflessione, una base comune da cui partire per confrontarsi. In un contesto lavorativo formato da una varietà di soggetti con una varietà di funzioni, il far ricorso a “strumenti dati” è, quindi, di grande utilità per avviare un processo di esplicitazione dei propri punti di vista e per acquisire una nuova consapevolezza sia sul piano soggettivo che su quello di gruppo. E’ possibile affermare che ogni fase del processo attuato ai fini di una valutazione ha una valenza formativa: oltre ad apprendere dalla fase di negoziazione, i soggetti che valutano, grazie all’uso di strumenti appropriati e procedure rigorose apprendono, infatti, anche a valutare (MIGNOSI, 2001).

La negoziazione non si esaurisce alla fase iniziale, ma si attua anche in sede di interpretazione dei dati, durante la individuazione di connessioni e la ricerca di “cause esplicative”. Si tratta di un percorso continuo e circolare di esplicitazione e di acquisizione di consapevolezza di tipo individuale e collettivo.

In una tale prospettiva, la valutazione di contesto, effettuata dagli stessi operatori, può essere considerata anche uno “spazio rassicurante” che favorisce l’apprendimento e il cambiamento, proprio perché è istituzionalmente connotata da procedure di auto-osservazione e riflessione e dallo scambio e la messa in comune di punti di vista ed emozioni attraverso modalità non giudicanti sul piano personale. Se condotta in termini partecipativi ed autoriflessivi, essa assume una forte valenza formativa anche relativamente allo sviluppo delle capacità progettuali in quanto, richiedendo di operare distinzioni e connessioni e di attuare circolarmente esperienze e riflessioni sulle esperienze, spinge verso una creazione di senso e, a partire da questa, consente l’ipotizzazione e l’attuazione di nuovi assetti organizzativi. Elaborare significati e costruire progetti sono, dunque, due dimensioni inscindibili ed interrelate dell’azione che il soggetto individuale e/o collettivo, compie nel flusso dell’esperienza per darsi risposte e soluzioni.

Fondamentale in questa prospettiva è la dimensione di gruppo come strumento e obiettivo di lavoro. I contesti educativi sono, infatti, caratterizzati da “comunità di pratiche” (WENGER, 1998)1 che in un processo di cambiamento vanno necessariamente esplicitate, condivise e modificate a livello di gruppo. Il lavoro di decostruzione e di rivisitazione critica delle proprie premesse, nonché l’ampliamento delle proprie mappe e possibilità, insieme al cambiamento organizzativo, presuppongono l’incontro tra differenze, lo scambio, la negoziazione intersoggettiva e la elaborazione di un progetto comune (MIGNOSI, 2019). Si tratta quindi di una azione collettiva e situata, in quanto “un gruppo di lavoro non è mai qualcosa di avulso dal contesto, è una realtà inserita in una organizzazione che a sua volta si colloca in un preciso contesto storico-culturale” (MASELLI; ZANELLI, 2013, p. 63).

Attraverso la dimensione di gruppo si ha la possibilità di scambiare pensieri, di condividere emozioni all’interno di una logica plurale invece che singolare e si contribuisce a creare una cultura condivisa, indispensabile per progredire nel processo di cambiamento (BION, 1971). L’esperienza di gruppo permette di cogliere, infatti, come la "realtà" si costituisca dalle infinite possibilità di intreccio delle infinite relazioni possibili e appartenga, quindi, alla logica delle descrizioni, consentendo di accogliere l’indeterminatezza e di sperimentare la diversità come risorsa (MIGNOSI, 2012). Il “gruppo di lavoro”, caratterizzato da un compito condiviso e da obiettivi comuni, attiva un percorso di integrazione tra i suoi membri permettendo una presa di coscienza del proprio ruolo e della propria identità e fa ritrovare il senso dell'operare e del partecipare (QUAGLINO; CASAGRANDE; CASTELLANO, 1992). Dà luogo, inoltre, alla costruzione di un linguaggio comune che, nel caso della valutazione di contesto, nasce dai processi autoriflessivi di elaborazione di giudizi, attraverso l’utilizzazione individuale di strumenti di riferimento uguali per tutti e attraverso il confronto intersoggettivo sui dati raccolti (MIGNOSI, 2001).

Si tratta di una pratica emancipativa e comunitaria nello stesso tempo, che ha delle ricadute evidenti nel miglioramento delle condotte educative in un processo temporale continuo che è legato alla dimensione “meta”, cioè al fatto che si impara in modo permanente a mettere in discussione le proprie premesse e le proprie griglie osservative riflettendo su di sé e valutando le proprie azioni, anche in termini di gruppo di lavoro. A livello epistemologico e, parallelamente, politico, ha anche una profonda implicazione etica, poiché si muove nell’ottica del potere distribuito e della corresponsabilità.

Mi sembra opportuno citare a questo proposito, il grande pedagogista brasiliano Paulo Freire, molto vicino ad una tale prospettiva nel sostenere la coincidenza tra educazione e politica e nel collegare il potere dell’educazione alla consapevolezza ed alla capacità di pensiero critico dei docenti. Richiamando l’importanza della dimensione sociale al fine di mantenere viva la capacità di pensare e l’apertura verso l’altro, considerando la consapevolezza di sé nella propria totalità psico-corporea come frutto della relazione intersoggettiva, Freire sottolinea che la strada migliore per mantenere viva e vigile la capacità di pensare correttamente è quella di esporsi alle differenze: “E’ l’attitudine corretta di chi si trova in uno stato di permanente disponibilità- come uno strumento musicale- a suonare e a essere suonato, a domandare e a rispondere, ad essere d’accordo e in disaccordo. E’ disponibilità alla vita e ai suoi contrattempi. E’ disponibilità a essere sensibili agli appelli che ci giungono, ai segnali più diversi che ci chiamano in causa (…) E’ nella mia disponibilità permanente nei confronti della vita a cui mi consegno interamente - con il corpo, il pensiero critico, l’emozione, la curiosità, il desiderio - che apprendo ad essere me stesso nella mia relazione con il contrario di me . E quanto più mi offro all’esperienza di relazionarmi con le differenze, senza paura, senza pregiudizi ,tanto meglio mi conosco e costruisco il profilo di me stesso” (FREIRE, 2014, p.109-110). Anche la prospettiva pedagogica freiriana si centra, dunque, sull’apprendimento riflessivo e auto-riflessivo che è capace sostenere sul piano emozionale e di dare una nuova cornice esistenziale anche nei luoghi del lavoro (CASTIGLIONI, 2017). Si tratta di un dispositivo formativo che chiama in causa e coinvolge parallelamente, oltre al pensare a partire da sé, anche la creatività e l’immaginazione (QUAGLINO, 2011), aprendo strade di libertà, di autonomia e di progettualità individuale e collettiva.

Il ruolo del ricercatore o consulente esterno

Nei processi di valutazione formativa, soprattutto nella fase iniziale, è necessario prevedere figure esterne ai contesti educativi per accompagnare e supportare il processo stesso.

Può trattarsi di personale appartenente ad un ente di ricerca direttamente interessato a partecipare ad un percorso valutativo , o di esperti reclutati a titolo personale dall’organizzazione stessa per loro competenze specifiche. In entrambi i casi l’istituzione educativa viene coinvolta, ad un metalivello, in processi di ricerca che hanno parallelamente una ricaduta in termini di apprendimento organizzativo.

Nel caso della collaborazione con un ente di ricerca o con soggetti diversi, una parte importante dell’intervento dovrà quindi riguardare la definizione di un patto chiaro e condiviso tra organizzazione e partner relativamente all’identificazione delle aree problematiche, alla definizione degli obiettivi di lavoro, alla scelta degli strumenti, alla condivisione delle modalità di diffusione dei risultati. Si tratta di un tipo di ricerca con specifiche finalità applicative, in quanto i suoi risultati possono essere utilizzati per sostenere le comunità di pratiche esistenti e per costruire contesti lavorativi che facilitino il riconoscimento, lo sviluppo e la diffusione delle competenze già presenti come risorse principali per l’innovazione organizzativa (ZUCCHERMAGLIO, 2013).

Anche nel caso in cui venga reclutato un esperto/consulente esterno con il compito di “guidare” e coordinare un percorso di valutazione educativa in termini autoriflessivi, è molto importante la fase di contratto e di negoziazione su finalità, procedure e metodi tra questi e l’organizzazione committente. Si tratta, infatti, di attivare un processo di apprendimento e di cambiamento anche in termini organizzativi e quindi di una formazione degli operatori che deve essere precisata da una richiesta e da un’offerta che si incontrano in modo esplicito e trasparente .

Ciò che è in gioco è il passaggio da un bisogno iniziale vago e indistinto, ad una committenza sempre più definita e chiara, consapevole anche dei costi psicologici di un processo di cambiamento. Il coinvolgimento di un consulente esperto esterno contribuisce ad attivare e sostenere l’apprendimento organizzativo e, in un certo senso, ne salvaguarda l’efficacia.

Per quanto riguarda l’aspetto metodologico, le tecnologie dell’intervento organizzativo sono le azioni che permettono la mobilitazione delle risorse relazionali, sia come piccoli gruppi, che come collettivi o comunità. Perché ciò avvenga, una modalità efficace può essere quella di attuare congiuntamente una doppia descrizione, un’osservazione esterna ed interna (da parte del consulente/ricercatore e da parte degli stessi operatori) e, circolarmente, un confronto tra i dati. L’utilizzazione integrata delle due modalità valutative appare un’ottima soluzione non solo in quanto consente l’acquisizione di risultati più articolati, ma anche perché promuove il confronto, lo scambio e la riflessione tra tutti, facilitando quindi l’apprendimento e il cambiamento a più livelli (BONDIOLI; FERRARI, 2004) .

E’ da rilevare che, nella prospettiva adottata, la conduzione di percorsi valutativi comporta l’implicazione del ricercatore/consulente esterno ed il suo parziale coinvolgimento nei processi oggetto di studio, dei quali egli assume la complessità e gli eventi imprevisti. Un consulente/ricercatore che svolge il compito di condurre processi valutativi a carattere formativo, ha quindi una responsabilità diretta e dovrebbe essere consapevole anche delle difficoltà e dei rischi impliciti nella sua azione. Il suo essere soggettivamente coinvolto, inoltre, presuppone un processo costante di riflessione e di autoriflessione attraverso sistematiche modalità di documentazione e di narrazione, relative alla esplicitazione delle scelte effettuate, agli accadimenti verificatisi e ai dati raccolti in itinere. Si tratta di una postura sicuramente non facile, che presuppone la capacità di “saper essere in ricerca” e di saper sostare nell’incertezza; implica, cioè, essere in grado di mettersi in gioco e accogliere l’imprevisto, tollerare il dubbio senza ricorrere a risposte/interpretazioni immediate e rassicuranti (LANZARA, 1993).

Come afferma Broffenbrenner (1986, p. 67-68) :" Il senso di molti dei comportamenti che vengono esibiti in una data situazione sociale può essere compreso, a condizione che l'osservatore abbia partecipato alla situazione ambientale in oggetto in ruoli simili a quelli che vengono assunti dai soggetti e sia membro della subcultura all'interno della quale si configura la situazione stessa e dalla quale provengono gli attori, oppure ne abbia una notevole esperienza."

In una tale cornice si precisa ulteriormente il ruolo del consulente/ricercatore esterno: egli è principalmente un mediatore sul piano relazionale e cognitivo, un facilitatore non giudicante, un garante del processo e non il detentore di un sapere che impone in virtù del suo “essere esperto”. In una prospettiva di “potere distribuito”, è necessario, quindi, che espliciti sempre le proprie teorie di riferimento e le ragioni delle proprie scelte, partecipando agli altri il proprio sapere e “informando” e “formando” rispetto a metodi e strumenti di indagine (disponibile anche a metterli in discussione in relazione all’esperienza e ai processi di negoziazione in itinere) .

Si può pertanto affermare che il ricercatore esterno riveste nei confronti degli operatori, un ruolo di scaffolding2, costituendo un importante tramite tra gli operatori-attori ed il processo di apprendimento attivato dal percorso auto-valutativo.

In quanto coinvolto attivamente ed in prima persona nella ricerca e nel processo formativo egli, pur avendo una responsabilità diretta nelle scelte metodologiche e procedurali , non ha un ruolo di controllo, né detiene gli esiti della valutazione, ma partecipa ad ogni fase del percorso, portando il proprio “contributo di esperto” alla negoziazione , alla “definizione di giudizi”, all’attribuzione di senso e di significati, alla individuazione di percorsi innovativi

E’ interessante in proposito il concetto di “interdipendenza” espresso da Muti (1990) relativamente al ruolo “prevalentemente interno” del formatore in un gruppo di lavoro, che sottolinea come operatori ed “esperti” cambino e si formino assieme modificandosi reciprocamente

Un ruolo cruciale assume, allora, la fase della restituzione e del confronto, in assetto di gruppo, dei dati raccolti attraverso il percorso valutativo. Grazie alla conoscenza di quanto emerso dall'osservazione, dall'analisi dei dati e dalle discussioni e riflessioni in gruppo, è infatti possibile avviare un processo che va dalla presa di coscienza della “cultura implicita”3 e delle pratiche agite a livello individuale e collettivo, alla individuazione di bisogni e di azioni di cambiamento. Su un altro piano, la restituzione consente sia di far apprendere un modello di lavoro, sia di aprire una discussione sugli stessi strumenti. Sulla base di quanto emerge all'interno degli incontri di restituzione, il ricercatore/formatore esterno ha anche la possibilità di ricalibrare obiettivi e metodi del proprio percorso di lavoro all'interno dell’organizzazione.

Inoltre, nell’ottica di un cambiamento e apprendimento continuo (quale quello attivato da una valutazione di contesto in itinere), è indispensabile considerare una “transazione tra livelli” oltre che tra le persone, prevedendo condizioni che favoriscano la circolarità delle informazioni e investendo nella formazione di tutti i membri istituzionali perché siano “buoni partner nella rete”. Anche se vi é una divisione dei compiti che riguarda l’area delle decisioni e l’area della gestione, deve esistere una conoscenza/condivisione delle informazioni e del progetto, nel suo insieme e nel suo realizzarsi. Fondamentale diviene la costruzione di una cultura e di una prospettiva condivise, alle quali la valutazione di contesto contribuisce consentendo una conoscenza e una negoziazione tra soggetti diversi. Essa può quindi arrivare ad avere un valore locale e un valore distribuito poichè, formando come dei cerchi concentrici, può determinare un’interazione consapevole su più piani e costituire una potente procedura di cambiamento culturale e sociale (MIGNOSI, 2001).

Un percorso di ricerca valutativa e partecipata nella città di Palermo

La prospettiva della valutazione appena esposta include la possibilità di percorsi di ricerca e di intervento di vario tipo e con finalità diverse; all’interno della cornice formativa e partecipativa, si può infatti mirare alla costruzione di nuovi strumenti valutativi adeguati a specifici contesti educativi nel loro complesso, come l’Indicatori e Scala della Qualità Educativa del Nido Creche (ISQUEN) (BECCHI; BONDIOLI; CENTAZZO, 1999), o alla ideazione di strumenti legati a temi particolari quali, ad esempio, l’educazione di genere (CASTAGNA, 2020), o la continuità educativa (BONDIOLI; SAVIO; GOBETTO, 2017), o ancora, accrescere la consapevolezza sulle proprie pratiche per avventurarsi in una sperimentazione educativa che presuppone un cambiamento di prospettiva. E’ proprio di questo tipo di ricerca che vorrei parlare nelle prossime pagine.

Sono infatti stata chiamata come pedagogista ricercatrice esterna in un progetto di intervento socio-educativo intitolato “Dappertutto”, finanziato dalla Fondazione Nazionale “Con i bambini” e coordinato dal “Centro di Ricerca Creativa Danilo Dolci”. Si tratta di un progetto triennale, molto articolato, che coinvolge 11 partner (varie associazioni del terzo settore, Istituzioni scolastiche ed educative, Amministrazione comunale, Università) rivolto ad un’ampia area a rischio socio-economico del centro storico di Palermo che mira a promuovere una nuova cultura dell’infanzia e si prefigge di costruire un sistema di welfare comunitario diffuso e sostenibile per ridurre la povertà educativa e per costruire nuove prospettive di vita.4 Tra i vari ambiti individuati (quali: rigenerazione territoriale, genitorialità, educazione e partecipazione per riscoprire il territorio….) sono stata coinvolta direttamente in quello riguardante “pratiche educative e infanzia 0-6” che vede l’attuazione di un percorso finalizzato ad una innovazione metodologico-educativa nel nido comunale e nella scuola dell’infanzia statale presenti sul territorio, attraverso la proposta di laboratori centrati sulla lettura e sui linguaggi artistico-espressivi, tenuti da esperti esterni, in orario scolastico per 4 giorni a settimana; parallelamente prevede lo svolgimento di una ricerca sulla continuità tra nido e scuola dell’infanzia attraverso la messa a punto e la sperimentazione di un curricolo comune o di parti di esso.

Avendo la responsabilità del coordinamento, del monitoraggio e della valutazione, nonchè della ricerca sul curricolo riguardo all’ambito educativo 0-6 , ho individuato e proposto delle azioni organizzative e di intervento (che espliciterò in seguito), per arrivare ad alcune ipotesi esplicative sui dati sinora raccolti e ad alle prospettive progettuali future. Si tratta infatti di un progetto tutt’ora in corso: iniziato nel 2018, si concluderà a luglio 20215.

Per permettere di comprendere le ragioni delle scelte fatte, ritengo però necessario condurre prima un approfondimento sul tema della continuità tra nido e scuola dell’infanzia in Italia, alla luce della storia dei due servizi educativi sul territorio nazionale e delle rilevanti innovazioni degli ultimi anni.

I servizi educativi 0-6 in Italia e la nuova normativa

La scuola dell’infanzia (per i bambini dai 3 ai 6 anni) e i nidi d’infanzia (per i bambini da 0 a 3 anni) hanno avuto in Italia una storia separata, tranne in alcune regioni del Centro-Nord in cui sono state portate avanti esperienze di raccordo gestite dagli Enti Locali. Entrambi i servizi educativi non sono ancora obbligatori, ma la scuola dell’infanzia è entrata a far parte nel settore dell’istruzione statale già dal 1968 (Legge 444) e dal 1991 prevede una formazione universitaria per gli insegnanti, mentre i nidi d’infanzia, istituiti nel 1971 con la Legge 1044, sono invece gestiti solo dai Comuni o da privati, fino al 2017 sono stati regolamentati da leggi regionali e non era richiesta la formazione universitaria per gli educatori.

Questo ha comportato grandi differenze tra le regioni italiane rispetto a qualità, quantità e distribuzione dei Sevizi e, per ragioni storiche e politiche, anche grandi differenze tra Nord e Sud.

Basti pensare che, secondo i dati del Dipartimento per le politiche della famiglia (giugno 2020) nell’anno scolastico 2018- 2019, la percentuale dei posti nei servizi educativi per bambini tra 0 e 3 anni nel Centro-Nord supera il 33% rispetto agli aventi diritto6, con punte del 47% in Valle d’Aosta , mentre in tre regioni del Sud, Sicilia compresa, non arriva al 10%. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia (per bambini tra 3 e 6 anni), a fronte di una media al Centro-Nord di 96% di posti disponibili, la Sicilia offre posti solo a poco più dell’83% dei bambini aventi diritto tra i 4 e 5anni, ma solo al 22% dei bambini di 3 anni.

Inoltre al Nord Italia le scuole dell’infanzia comunali, presenti diffusamente sul territorio fin dagli anni ‘50 del 900, sono ancora oggi in percentuale maggiore rispetto alle scuole statali e questo ha comportato un maggiore raccordo con i nidi d’infanzia, in quanto gestiti dalla stessa amministrazione. E ancora, non sono state mai date indicazioni nazionali sul piano educativo per i nidi, mentre la scuola dell’infanzia ha avuto, sin dalla sua istituzione, degli “Orientamenti nazionali” che sono confluiti, nel 2012, nelle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, sottolineando la continuità con l’ordine di scuola successivo.

Da questo breve quadro si possono evidenziare le difficoltà che i servizi educativi per i più piccoli in Italia si trovano a dover affrontare per far propria una prospettiva di continuità, sia riguardo al curricolo che alla valutazione, e anche gli sforzi economici e di pianificazione politica che sarebbe necessario affrontare per una loro equa distribuzione sull’intero territorio nazionale.

Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 65 del 13 Aprile 2017 (ITALIA, 2017), riguardante l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, sono state aperte nuove e importanti opportunità pedagogiche che possono essere articolate come segue:

- Unitarietà del percorso 0-6, indirizzato e coordinato dal Ministero dell'Istruzione in tutta Italia. Al sistema integrato viene riconosciuto un ruolo cruciale nei percorsi di sviluppo e apprendimento dei bambini, oltre che nel sostegno alla genitorialità.

  • Promozione di una identità educativa peculiare del percorso 0-6 che investe anche la scuola primaria (6-10) in un’ottica di continuità.

  • Formazione universitaria obbligatoria per tutti gli operatori (benchè di 3 anni per il nido e di 5 per la scuola dell’infanzia).

  • Formazione in servizio obbligatoria per ogni anno scolastico.

  • Istituzione del coordinamento pedagogico sia al nido che alla scuola dell’infanzia.

Restano delle forti criticità legate alla traduzione nella prassi di quanto espresso dalla normativa sia sul piano strutturale e organizzativo che su quello pedagogico. Al Sud e in Sicilia in particolare, come si è visto, questo richiederebbe un aumento considerevole dei servizi 0-3, insieme a una riprogettazione degli spazi nella scuola dell’infanzia (nella maggioranza dei casi inserita negli edifici di scuola primaria), nonché ad un ripensamento del rapporto numerico bambini/adulto. Permangono delle disparità nella formazione iniziale di insegnanti ed educatrici7 e non ci sono ancora degli orientamenti educativi per il curricolo 0-6, benchè agli inizi di gennaio sia stato emanato dal Ministero dell’Istruzione un documento base che contiene le linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 e che ha, al momento, una funzione interlocutoria.

In definitiva si tratta di una “innovazione” in via di definizione che vede, oltre all’esistenza di grandi disparità nelle opportunità educative sul territorio nazionale, anche una mancanza di conoscenza reciproca tra il nido e la scuola dell’infanzia, soprattutto al Sud, insieme al permanere di modelli educativi differenti (più attenti alla cura e alla relazione nello 0-3, più centrati sulla didattica nel 3-6)

Scelte organizzative, di ricerca e di intervento con i servizi 0-6 all’interno del progetto Dappertutto: il percorso di lavoro

In base alla cornice teorica fin qui esposta e tenendo conto della storia delle due tipologie di servizi educativi, all’interno del progetto Dappertutto le scelte organizzative sono state articolate in base a cinque linee principali interagenti, individuate per garantire l’efficacia dell’intervento e l’implicazione di tutti i partecipanti, anche se su piani diversi:

  1. - Strutturazione di una “cabina di regia” formata dai rappresentanti dei partner della ricerca (compreso il Comune, ente gestore del nido, e la dirigente scolastica della scuola dell’infanzia e primaria statale ) all’interno della quale condividere il piano di ricerca/intervento e fare scelte in itinere in funzione dei bisogni emergenti via via in una prospettiva di corresponsabilità e partecipazione (le scelte riguardano sia il percorso da realizzare, sia le azioni volte a facilitarlo).

  2. - Interconnessione delle attività previste dal progetto tra loro e con la ricerca, per favorire un ampliamento della efficacia delle azioni proposte attraverso i rimandi tra l’una e l’altra e grazie alla coerenza metodologica interna . In questo senso sono state individuate modalità di raccordo degli esperti di laboratorio tra loro e tra questi, le insegnanti e le educatrici; la riflessione continua sulla metodologia adottata sostiene l’innovazione didattica e le ipotesi di sperimentazione relative alla ricerca.

  3. - Incremento della conoscenza reciproca tra nido e scuola dell’infanzia a partire dallo scambio e dalla riflessione congiunta tra educatrici, insegnanti ed esperti di laboratorio, sulle esperienze pratiche con i bambini, in incontri sistematici in gruppo, sulla base di “diari di bordo” stilati individualmente e riportati in gruppo.

  4. - Promozione della partecipazione e della motivazione intrinseca di educatrici e insegnanti alla ricerca sul curricolo e sulla continuità attraverso mosse precise; tra queste, l’adesione volontaria al percorso di formazione/sperimentazione in tutte le sue fasi, dopo la condivisone di un “contratto formativo” relativo a finalità, metodologia e impegno richiesto.

  5. - Utilizzazione della valutazione in termini autoriflessivi come metodologia di base della ricerca fondata su un processo di consapevolezza e di condivisione e funzionale al cambiamento.

Le linee organizzative appena descritte si sono tradotte in un percorso della durata di tre anni, da maggio 2018 a luglio 2021 (il progetto e la ricerca non sono quindi ancora conclusi) che proverò sinteticamente a riportare nelle sue tappe principali a fini esemplificativi. Mi focalizzerò in particolare sul percorso di ricerca, individuando alcuni punti di riflessione rispetto alla possibilità di realizzare una continuità tra nido e scuola dell’infanzia e rilevando punti critici, risorse, questioni aperte.

Periodo maggio-dicembre 2018: progettazione della ricerca

  • definizione del progetto e sua traduzione nella prassi attraverso una ipotesi di organizzazione e di coordinamento delle diverse “azioni”;

  • presentazione del progetto alle istituzioni coinvolte , messa a punto, insieme , delle principali modalità organizzative, dei tempi, delle finalità;

  • costituzione di una “cabina di regia” composta da vari partner istituzionali; riunioni sistematiche per l’individuazione di modalità di connessione tra gli interventi nella scuola dell’infanzia e al nido.

  • ricerca e approfondimento della letteratura e dei documenti nazionali ed europei sulla pedagogia dell’infanzia e sui servizi educativi 0-6; suddivisione delle letture, elaborazione individuale di schede sintetiche e scambio tra tutti al fine di costruire una conoscenza condivisa e un linguaggio comune.

  • Definizione di un percorso di ricerca riguardante la progettazione e la sperimentazione di un curricolo 0-6 che si articolerà in sette fasi principali negli anni scolastici 2019-2020 e 2020-2021

Fasi della ricerca (percorso nei tre anni)

  1. - valutazione di contesto in termini autoriflessivi attraverso strumenti validi e affidabili da parte delle insegnanti e delle educatrici e di uno o due osservatori esperti esterni (coinvolti nella ricerca a vario titolo e, senza un ruolo gerarchico superiore), per ciascuna delle tre istituzioni (nido comunale, nido privato, scuola dell’infanzia statale).

La valutazione viene preceduta da alcuni incontri di formazione all’uso degli strumenti.

  1. - Restituzione ai gruppi dei tre diversi contesti separatamente: negoziazione e condivisione relativamente ai punti forti e ai punti più deboli di ciascun contesto educativo.

  2. - Restituzione ai tre gruppi insieme; analisi dei punti in comune e delle differenze nei risultati della valutazione nei diversi contesti. Scelta condivisa dei cambiamenti da effettuare e degli ambiti su cui si vuole sperimentare “attività curricolari” in una prospettiva di continuità tra nido e scuola dell’infanzia . Programmazione di seminari formativi di approfondimento sugli ambiti individuati

  3. - Uso dello strumento “Tra 0-6” (BONDIOLI; SAVIO; GOBETTO, 2017) in piccoli gruppi divisi per tipologia di servizio educativo per individuare tratti comuni e differenze nella cultura e nelle pratiche del nido e della scuola dell’infanzia .

  4. - Restituzione in intergruppo dei dati raccolti e individuazione delle opinioni in comune e di quelle differenti riguardo alle specificità del nido e della scuola dell’infanzia; confronto e riflessone in un clima non giudicante.

  5. - A partire da bisogni e desideri condivisi, progettazione in comune tra educatrici e insegnanti e sperimentazione di nuove pratiche e metodologie con i bambini nei diversi contesti. Riunioni quindicinali di raccordo tra nido e scuola dell’infanzia insieme alla partecipazione ai seminari di approfondimento a cadenza mensile

  6. - Valutazione conclusiva dell’esperienza e ipotesi per il futuro

Obiettivi generali:

Formazione in servizio; crescita di consapevolezza professionale; crescita della dimensione di gruppo di lavoro all’interno delle istituzioni educative; approfondimento della conoscenza reciproca tra nido e scuola dell’infanzia in un’ottica di continuità verticale; accrescimento delle competenze osservative ed auto-osservative; individuazione dei bisogni formativi; formulazione di ipotesi di intervento e di cambiamento in funzione anche di un curricolo 0-6, consolidamento di una metodologia laboratoriale e fondata su un approccio olistico ai processi di apprendimento.

Periodo gennaio luglio 2019: attuazione delle prime 2 fasi della ricerca.

  • Riunioni mensili della cabina di regia

  • Laboratori artistico espressivi condotti dagli esperti con la partecipazione di insegnanti ed educatrici durante il tempo scuola

  • Riunioni mensili di raccordo tra gli esperti, le insegnanti di scuola dell’infanzia e le educatrici del nido coordinate dalla scrivente

  • Realizzazione delle prime due fasi della ricerca (valutazione di contesto e restituzione ai singoli gruppi)

Strumenti utilizzati per la valutazione di contesto

Scala di Osservazione e Valutazione per la Scuola dell’Infanzia SOVASI (HARMS; CLIFFORD, 1994); Scala per la Valutazione dell’Asilo Nido SVANI (HARMS; CRYER; CLIFFORD, 1992); adattamenti italiani di strumenti americani, che sono stati validati e che sono stati utilizzati in numerose realtà educative sul territorio nazionale in termini formativi e di ricerca.

Riporto in dettaglio solo per questa fase, la metodologia adottata a fini esemplificativi

Dopo un incontro di condivisione di esplicitazione teorica e di condivisone di finalità e strumenti dell’intero percorso di ricerca, è stata data la libertà alle insegnanti e alle educatrici di aderire o meno, in modo che venisse garantita la motivazione e la responsabilizzazione delle partecipanti alla ricerca. Hanno aderito 5 sezioni di scuola dell’infanzia su 7; 8 educatrici del nido comunale su 11. In successive riunioni, in ciascuno dei due contesti previsti, con le insegnanti e le educatrici che hanno aderito, sono stati presentati gli strumenti di valutazione per la prima fase (SVANI e SOVASI) e le loro modalità di utilizzazione. Insegnanti ed educatrici hanno quindi individualmente attribuito un punteggio agli Items degli strumenti ed hanno poi consegnate le schede ad osservatrici-esperte esterne, che, a loro volta hanno utilizzato lo stesso strumento di osservazione-valutazione nei singoli contesti educativi.

I dati raccolti sono stati elaborati individuando punti forti e punti deboli sezione per sezione, subscale per subscale; è stato poi fatto un confronto tra le sezioni, tra i punteggi medi per item di ogni sezione ed è stata elaborata una media generale per ogni contesto educativo osservato. I confronti sono stati fatti anche tra i punteggi dati da insegnanti ed educatrici e i punteggi dati dalle osservatrici-esterne. Per ogni tipologia di analisi sono stati elaborati degli istogrammi per consentire una immediata percezione visiva . Infine è stato organizzato un incontro di restituzione dei dati in ciascuno dei contesti educativi coinvolti all’interno del quale sono state condotte delle riflessioni a partire dai dati e dai confronti, su punti forti e deboli e sui bisogni emersi e sono state condivise ipotesi di cambiamento per il successivo anno scolastico.

Periodo settembre- dicembre 2019: nuovo anno scolastico, attuazione della 3a fase della ricerca

  • Restituzione a tutti i tre gruppi insieme dei risultati delle valutazioni e delle riflessioni sui tre diversi contesti educativi ; discussione e confronto tra tutte le partecipanti.

  • Formazione esperienziale delle insegnanti e delle educatrici con gli esperti di laboratorio, sui diversi linguaggi artistico-espressivi ai fini di una maggiore comprensione della metodologia laboratoriale a partire da sé : riflessione sulle modalità di relazione con i bambini e sulla conduzione delle attività per un trasferimento di quanto appreso e una innovazione delle pratiche educative quotidiane.

  • Riunioni periodiche di coordinamento tra esperti, tutor, educatrici di nido, insegnanti di scuola dell’infanzia; conoscenza reciproca anche attraverso una condivisione dei “diari di bordo”.

Periodo gennaio-luglio 2020 attuazione della 4a fase della ricerca e modifiche legate alla pandemia

  • Utilizzazione in piccoli gruppi, omogenei per tipologia (nido o scuola dell’infanzia), dello strumento “Tra 0-6” (BONDIOLI; SAVIO; GOBETTO, 2017) 8, discussione e riflessione all’interno di ogni gruppo e attribuzione di un giudizio rispetto agli indicatori riportati dallo strumento come trasversali .

  • Progettazione parallela della riorganizzazione degli spazi nella scuola dell’infanzia: decisione di aprire le sezioni e di utilizzare anche gli spazi interni ed esterni dell’edificio scolastico.

  • Marzo- giugno: chiusura di tutto per la pandemia da Coronavirus (Covid 19), attività a distanza coinvolgendo anche le famiglie, elaborazione di linee guida per gli esperti per i video centrati sui laboratori artistico-espressivi (esula dal tema trattato in queste pagine, ma mi sembra importante sottolineare che nonostante tutto, la connessione e la rete tra gli interventi non si è interrotta).

Periodo settembre 2020-gennaio 2021: ripresa in nuovo assetto e attuazione della 5a fase della ricerca

  • A settembre, prima dell’inizio della scuola, progettazione partecipata in gruppo tenendo conto della suddivisione in sottogruppi o “bolle” delle sezioni della scuola dell’infanzia, in funzione della prevenzione dei contagi da Covid 19. La decisione di caratterizzare gli spazi, aprendo le sezioni e facendo circolare i piccoli gruppi di bambini non si è potuta realizzare per preoccupazioni e difficoltà legate alla pandemia.

  • Continuazione dei laboratori condotti da esperti esterni alla scuola dell’infanzia ma non al nido (per diverse disposizioni degli enti gestori)9

  • Restituzione online in intergruppo ad insegnanti ed educatrici delle loro opinioni raccolte attraverso lo strumento “Tra 0-6”. Possibilità di ragionare sulle idee di “nido” e di “scuola dell’infanzia”, di confrontarsi e di conoscersi meglio. Situazione di ascolto, curiosità, interesse, anche rispetto alle divergenze. Riflessione sulle origini di alcune pratiche nei due diversi servizi e loro maggiore comprensione. Clima sociale positivo legato ,probabilmente, non solo alla assenza di giudizio, ma anche alla reciproca conoscenza e fiducia costruita nel tempo tra insegnanti ed educatrici grazie alle attività di scambio attuate all’interno del progetto Dappertutto.

Tra 0-6 : spunti di riflessione

Gli elementi di continuità e di discontinuità tra nido e scuola dell’infanzia e gli spunti di riflessione emersi in seguito all’uso dello strumento sono stati i seguenti.

Oltre alle differenze organizzative e storiche (come la proporzione numerica tra bambini e adulto, le sezioni/classi nella scuola dell’infanzia, i diversi modelli di riferimento ) ma in un certo senso a queste collegate, le maggiori divergenze di opinione tra nido e scuola dell’infanzia sono emerse relativamente a :

  • L’inserimento dei bambini (sia rispetto alle modalità di svolgimento dell’inserimento, che di progettazione, monitoraggio e valutazione)

  • La relazione educativa in relazione all’età (secondo le educatrici del nido è difficile favorire la cooperazione tra adulto e bambino e tra bambini e promuovere la costruzione di un sistema di significati condivisi )

  • La progettazione, il monitoraggio e la valutazione dei tempi e ritmi della giornata educativa (secondo la scuola dell’infanzia sono eterodiretti e collegati all’organizzazione della scuola primaria con cui condivide gli spazi dell’edificio)

  • Gli spazi, sia rispetto alla strutturazione che alla progettazione, valutazione e monitoraggio

  • La partecipazione delle famiglie rispetto alle modalità di sostegno alla partecipazione dei genitori e, conseguentemente, alla progettazione, valutazione e monitoraggio

Maggiori convergenze (anche in disaccordo con gli indicatori dello strumento, come nel caso del gioco o della cooperazione tra operatori):

  • Le attività di apprendimento (accordo sia rispetto ai principi che alle buone pratiche)

  • Il gioco, che, per entrambi, non può essere proposto nei momenti generalmente dedicati alle attività educative e non può essere progettato; non può, quindi, essere monitorato e il progetto non può essere valutato

  • Il fatto che la cooperazione tra gli operatori non possa essere progettata (e quindi che il progetto non possa essere né monitorato né valutato)

  • La progettazione la verifica e il monitoraggio della continuità

  • La continuità orizzontale con le famiglie

Periodo febbraio-giugno 2021: attuazione della 6a fase della ricerca

  • Individuazione in gruppo di un ambito comune in base al quale nido e scuola dell’infanzia hanno elaborato un progetto laboratoriale insieme, collegandolo alla propria programmazione .

  • Progettazione in comune nel mese di gennaio e attuazione nei mesi di febbraio e marzo 2021 dei

  • laboratori all’interno del nido e all’interno della scuola dell’infanzia. I laboratori hanno avuto una cadenza bisettimanale e sono stati tenuti dalle educatrici del nido e dalle insegnanti in prima persona nei due diversi contesti, con il supporto di due esperte di laboratorio esterne con le quali già lavorano da due anni.

  • Coordinamento costante delle esperte si coordineranno tra di loro e con la scrivente per una supervisione complessiva

  • Attuazione di tre riunioni di confronto, scambio, valutazione in itinere online tra insegnanti ed educatrici del nido ed una di valutazione complessiva a conclusione dell’esperienza.

  • Sugli ambiti emersi in termini di «bisogni formativi» a partire dallo strumento tra 0 e 6, sono stati inoltre condotti a scansione mensile da esperti nazionali individuati in relazione e alla tematica, 4 seminari teorico-metodologici + 4 laboratori tra gennaio ed aprile (purtroppo sempre online a causa della pandemia ) per dare spunti di riflessione a livello teorico e metodologico per la ricerca 0-6 e ad accrescere la conoscenza e la condivisione tra nido e scuola dell’infanzia.

Questi i titoli dei seminari:

  • il valore del gioco per i bambini e il ruolo dell'adulto;

  • il diritto delle bambine e dei bambini a vivere contesti creativi;

  • nessuno nasce straniero, crescere e costruire una comunità interculturale;

  • i linguaggi espressivi nella formazione (dei bambini, degli adulti, dei formatori)

Settima e ultima fase in progress

Il percorso di ricerca non si è ancora concluso, siamo arrivati alla 7a fase, stiamo cioè elaborando i dati raccolti attraverso i questionari di valutazione dell’esperienza da parte di insegnanti ed educatrici, i risultati dei focus group con gli esperti dei laboratori, insegnanti ed educatrici, i questionari per i genitori. Nel mese di luglio è inoltre prevista una “assemblea cittadina” in una grande piazza del principale quartiere coinvolto dal progetto Dappertutto.

E’ possibile comunque affermare che le insegnanti e le educatrici hanno partecipato attivamente con grande motivazione ed hanno garantito la loro presenza per l’intera ricerca. Partendo da una iniziale diffidenza, fondata prevalentemente su pre-giudizi legati alla totale non conoscenza delle caratteristiche del nido e della scuola dell’infanzia, nel tempo hanno sviluppato una sempre maggiore stima reciproca e una consapevolezza delle specificità e dei punti di contatto in un’ottica di continuità 0-6, hanno inoltre accresciuto la loro capacità di lavorare in gruppo e le competenze metodologiche rispetto alla progettazione, alla valutazione di contesto ed alla metodologia laboratoriale.

Conclusioni

In conclusione mi sembra importante rilevare che, ai fini di un percorso formativo e innovativo dei contesti, è necessario un tempo lungo perché i processi di cambiamento possano essere fatti propri dalle persone e dalle organizzazioni. Inoltre, appare evidente l’efficacia di esperienze formative, progettuali e di gruppo in comune tra educatrici di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia per realizzare una effettiva continuità basata sulla conoscenza reciproca e sulla condivisone di una prospettiva pedagogica. Parallelamente è da sottolineare il potere trasformativo dei percorsi di valutazione riflessiva e la loro efficacia se inseriti in una cornice che tenga conto della complessità e della “non determinazione” di un approccio ecologico e sistemico (MIGNOSI, 2012). Si tratta di accettare la sfida che consiste nel coniugare il rigore metodologico e la chiarezza dell’impianto organizzativo con la flessibilità necessaria in ogni esperienza in cui è insito un ruolo attivo di tutti coloro che ne fanno parte, oltre che con l’imprevedibilità di eventi interni ed esterni; se si ha la responsabilità di una ricerca, questo significa accettare di lasciar andare il controllo pur tenendo ferma la rotta .

A proposito di “rotta”, riguardo all’ambito specifico della ricerca descritta in queste pagine, mi sembra da rilevare come l’intervento effettuato vada nella direzione indicata dalle Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei” , pubblicate dal Ministero dell’istruzione e della Ricerca Italiano nei primi giorni di gennaio 2021.

In tale documento possono essere ravvisati i tratti del curriculo in una prospettiva di continuità enunciati da Bondioli e Savio (2018, p. 13-14): “l’inscindibilità di cura ed educazione; il carattere olistico delle esperienze alla cui realizzazione concorrono, in maniera integrata, intelligenza, corporeità, affetti e relazioni; la centratura sul bambino, sui suoi interessi, inclinazioni, potenzialità; l’adulto come facilitatore dei processi di crescita, che si caratterizza professionalmente per la capacità di “promuovere dall’interno”, ovvero di accostarsi ai bambini nella loro alterità e di aiutarli a crescere; l’attenzione all’esperienza sociale come cifra dei contesti educativi extradomestici; il convincimento che il periodo dell’infanzia sia da vivere con pienezza e non solo in vista del futuro”.

Una tale prospettiva non è soltanto italiana, ma appartiene alla rete degli stati membri dell’Unione Europea che da oltre venti anni riflettono sul valore sociale e culturale dei servizi educativi 0-6 e sulla definizione di standard di qualità condivisi (LAZZARI, 2016). La più recente Raccomandazione europea del 2019 sancisce il passaggio da una idea di infanzia a cui tradizionalmente era stata attribuita una “cittadinanza debole”, al pieno riconoscimento del “protagonismo dei bambini” e delle loro potenzialità cognitive, relazionali e sociali (LAZZARI, 2020, p. 19). C’è ancora molta strada da fare per costruire una cultura dell’infanzia e per contrastare i pericoli insiti nella società dei consumi e nel liberismo economico (BAKAN, 2012), ma è possibile affermare che i documenti italiani ed europei vanno in questa direzione.

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1Secondo la definizione di Wenger (1998) le Comunità di pratiche sono gruppi di persone che condividono una preoccupazione o una passione per qualcosa e imparano come fare a migliorare mentre interagiscono con regolarità

2Bisogna precisare che il termine scaffolding è stato usato da questi autori solo relativamente alla relazione adulto/bambino ed è definito come "un'offerta di impalcatura da parte dell'adulto" all'interno di una dimensione educativa o, come dice Bruner (1986, p. 93) "a sostegno della crescita dell'educando". Scrive Pontecorvo (1991, p. 56) per esplicitarne il significato :"Nelle prime realizzazioni del compito previsto, l'adulto (...) offre al bambino una regolazione esterna. (..) Man mano che il bambino si impadronisce del compito, l'adulto diminuisce l'entità della regolazione, mantenendosi sempre sul confine in continua espansione della competenza del bambino". E’ un percorso che, a mio parare, è valido in ogni azione formativa di tipo emancipativo, quindi anche per gli adulti.

3Al concetto di “cultura implicita” dell’organizzazione, può essere associato in ambito educativo quello di “pedagogia implicita” (o latente). Si tratta di un concetto esposto per la prima volta da Becchi (1978), nel 1978 e ripreso da Bondioli (1993, p. 2) che cosi lo definisce: "Accanto ad una pedagogia razionale, consapevole delle proprie scelte, esplicita nell'individuare finalità e mezzi per raggiungerle, coesiste una più estesa, diffusa e multiforme pedagogia implicita, non tanto imputabile all'improvvisazione o al caso, quanto all'accettazione acritica di pratiche abitudinarie, setting precostituiti, modalità operative usuali. Tale pedagogia è "latente" (...) nella misura in cui, pur avendo una forte ricaduta in senso educativo, non è soggetta a deliberazione cosciente".

4Il progetto coinvolge tre quartieri nel cuore della città vecchia, in parte in stato di degrado ma ricchissimi di storia. Per maggiori informazioni si veda il sito https://percorsiconibambini.it/dappertutto

5E’ da rilevare che da marzo 2020 l’intervento progettato ha dovuto subire una rimodulazione in relazione al manifestarsi della pandemia da Covid 19; non ha subito però trasformazioni sostanziali rispetto alle sue finalità.

6Si tratta del parametro minimo che si sarebbe dovuto raggiungere entro il 2010, secondo la direttiva emanata nel 2002 dal Consiglio Europeo riunitosi a Barcellona, relativamente ai servizi educativi 0-3; per le scuole dell’infanzia è invece indicata una percentuale del 95% entro il 2020 (LAZZARI, 2016).

7In Italia, gli operatori nei nidi d’infanzia vengono chiamati educatori / educatrici, mentre nella scuola dell’infanzia vengono chiamati insegnanti. Anche questo è un indicatore delle diverse concezioni socio-culturali rispetto ai due servizi educativi. In queste pagine userò il genere femminile per denominarli, in quanto il 98,3% è costituito da donne (dati ISTAT del 2019).

8Lo strumento TRA 0-6 è stato costruito attraverso una ricerca partecipata che ha interpellato e quindi articolato più punti di vista (ricercatori, insegnanti, educatori, coordinatori pedagogici) a partire dagli indicatori contenuti in strumenti valutativi già esistenti. Propone una prospettiva sui principi e le circostanze che possono caratterizzare trasversalmente la qualità educativa dei servizi per l’infanzia 0/6 presentando: - indicatori trasversali, ovvero considerati valevoli sia per il nido che per la scuola dell’infanzia; - per ogni indicatore, principi e circostanze che realizzano tali principi, anche questi ritenuti trasversali. Il dispositivo chiede al compilatore di: esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo con tale prospettiva; e di valutare quanto tale prospettiva è realizzata nel proprio contesto operativo. Per la ricerca presentata in queste pagine, educatrici del nido e insegnanti della scuola dell’infanzia hanno espresso il proprio parere relativamente al fatto che alcuni indicatori potessero riguardare solo nido, solo scuola dell’infanzia o entrambi..

9Per ragioni di sicurezza, il Comune di Palermo ha infatti vietato l’ingresso di personale esterno nello spazio del nido, cosa che non è accaduta nella scuola dell’infanzia in quanto gestita dallo Stato.

Received: June 09, 2021; Accepted: July 28, 2021

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